Negli anni a cavallo tra otto e novecento, nei giornali della California, si davano puntigliose e numerose notizie della Sicilia con articoli che parlavano di limoni e crimini, di disastri e rivolte. I quotidiani e periodici di quella lontana parte d’America, in quel periodo, riportavano infatti una miriade di informazioni sull’isola, dalla quale erano arrivati, già nel primo ottocento, tanti emigrati e dalla quale partivano preziosi carichi di ricercati limoni in direzione della West Coast americana.
Il quotidiano Daily Alta California, il 13 Agosto del 1886, in una nota dal titolo Lemons, Lemons, informava che stavano arrivando dalla Sicilia ‘three hundred and forty cases choice lemons, the best of the season’s’; e le notizie sull’arrivo di limoni dalla Sicilia si susseguiranno con costanza negli anni seguenti: ancora lo stesso giornale, il 12 Marzo del 1890, avvisava: ‘Just received, one car-load of Sicily lemons, extra choice in quality’, in un articolo dal titolo Sicily Lemons, Sicily Lemons.
Un altro e tra i più importanti dei quotidiani californiani, Il Los Angeles Herald, il 24 gennaio del 1906 celebrava in prima pagina l’arrivo di ‘Six thousand boxes of Sicily lemons’. E note e articoli su natura, coltivazione e importazioni di limoni dalla Sicilia sono presenti in tutta la stampa californiana: sul Pacific Rural Press campeggiano con grande spazio servizi sullo stato della coltivazione dei limoni a Palermo e a Messina, da dove arrivavano dispacci del Consolato degli Stati Uniti in Sicilia che comunicavano, degli agrumi siciliani, prezzi, quantità e date degli invii per l’America. Si discetta, inoltre, in numerosi articoli, delle differenze tra i limoni siciliani e quelli californiani che dei primi imitavano metodi di coltura e cura.
E quei limoni li produceva una terra angustiata dalle calamità naturali, come i giornali californiani facevano ben capire, registrando meticolosamente tutti i dati e le notizie relativi ai tanti terremoti che interessarono buona parte dell’isola dall’ultimo ventennio dell’800 al primo decennio dell’ultimo secolo. I terremoti del 1891, del 1894, del 1901 e del 1906 (ma anche le eruzioni vulcaniche, dell’Etna, nel 1892, dello Stromboli, nel 1907, e quelle più disastrose, ancora dell’Etna, nel 1909 e nel 1910) vengono descritti e commentati nei loro terribili effetti nelle pagine di cronaca di tanti giornali californiani.
Il Los Angeles Herald, il 5 gennaio del 1909, in prima pagina, riportava le foto di Messina, con le macerie per strada, della cattedrale di Siracusa e di quella di Catania danneggiate dal sisma; poi, il 22 gennaio del 1909, sullo stesso foglio, si stimava che per sopperire alle necessità di circa 200.000 persone in stato di bisogno a causa del terremoto, occorrevano almeno 100.000 dollari al giorno: un grave peso e un enorme problema per l’Italia e la sua economia e per i disordini che ne stavano derivando. Il quotidiano The Call, il 10 gennaio 1909 dedicava l’intera prima pagina al terremoto di Messina: con articoli che documentavano degli aiuti della marina americana alla città dello stretto, dava soprattutto conto della raccolta di denaro che nello stato della California e nella città di Los Angeles, in particolare, s’era fatta per aiutare i terremotati.
Ma non solo la natura pareva avercela con la Sicilia. C’erano altri e più umani squilibri, determinati da rapporti sociali fortemente ingiusti. E infatti, costante è l’attenzione della stampa californiana alle continue rivolte del popolo siciliano: gli scioperi dei minatori nel 1893 a Lercara Freddi e le lotte dei lavoratori nelle altre miniere di zolfo, che trovavano eco nelle denunce parlamentari del deputato siciliano Napoleone Colajanni, venivano seguite e documentate dal San Francisco Call; così come alle proteste dei contadini a Palagonia dava spazio il Sausalito News, il 23 agosto del 1902. E la cronaca delle rivolte veniva accompagnata da articoli sulle condizioni di povertà delle masse nell’isola e sui primi tentativi dei contadini di organizzarsi in un movimento dai caratteri socialisti e cristiani, come nota il Sacramento Daily Union il 16 maggio del 1894 in un articolo sui Fasci dei lavoratori, che titola ‘The crucifix found in the folds of the red banner’. Ma, lamenta un po’ tutta la stampa californiana, le giuste rivendicazioni popolari trovavano nella diffusa criminalità uno dei più tenaci ostacoli alla loro compiuta realizzazione.
Delle bande dei briganti, nella Sicilia ottocentesca, viene raccontato in una copiosa mole di articoli che mirano anche a spiegare la storia e le caratteristiche della Mafia, anche facendo precise denunce, per esempio sulle intimidazioni subite da due imprenditori inglesi che volevano far nascere nell’isola uno stabilimento che lavorasse la lana, ma che, intimoriti dai mafiosi, sono stati costretti a ritornare nella loro patria; ancora nel primo novecento, la stampa californiana segue le vicende della Mafia e del potere che sempre più guadagna nell’isola, in particolare dopo l’omicidio del direttore del Banco di Sicilia, Notarbartolo, che il San Francisco Call segue anche nelle successive vicende giudiziarie che riguarderanno il presunto mandante dell’omicidio, l’onorevole siciliano Palazzolo e dopo l’uccisione, avvenuta in Sicilia, dell’agente Joe Petrosino, agguerrito sgominatore dei clan mafiosi in America, delle imprese del quale i fogli californiani trattano spesso e diffusamente: il Los Angeles Herald, il 22 marzo del 1909, parla della necessità che forze dell’ordine e investigatori degli States e della Sicilia cooperino per ‘sdradicare’ la ‘mano nera’ e l’onorata società sia dal territorio americano che dall’isola.
E se molti sono pure gli articoli che dei siciliani in California e nell’America in genere raccontano malefatte, duelli e vendette (spesso sfociate nel sangue e consumate nelle città moderne dell’America, ma nate e maturate nel clima oppressivo e rurale del feudo siciliano, che hanno lasciato per cercare fortuna oltreoceano), la Sicilia comunque esercitava un forte richiamo come isola ‘poetica’: il San Francisco Call, il 4 maggio del 1890 dava ampio risalto al reportage di Edgar Wakeman che esaltava le bellezze dell’isola (‘dai monti e dalle coste incomparabili ai monumenti unici’), e il The Morning Call di San Francisco il 25 gennaio del 1891, in un ampio servizio, definiva la Sicilia come ‘home of romance’: terra di miti (I Giganti, Scilla e Cariddi etc.) ricca di storia e di misteri, di ‘rovine’ e frutti, di paesaggi suggestivi e vari e di bei luoghi come Palermo che ‘ha il fascino di una città italiana e i comfort di una metropoli come Londra e Parigi’.
E ancora, il 15 dicembre del 1905, il Los Angeles Herald annunciava, in una breve nota, che il poeta scozzese William Sharp era morto nella Sicilia dove aveva trascorso i suoi ultimi anni e dove aveva deciso di morire e di farsi seppellire: nel piccolo e monumentale cimitero della ducea di Nelson a Bronte, nel catanese (dove tuttora riposa). Lo scrittore, proprio sulle pagine di un quotidiano californiano, l’Imperial Valley Press, il 30 Giugno del 1906, aveva dedicato all’isola un appassionato articolo dal titolo Seeing Sicily, sostenendo che senza vedere e conoscere la Sicilia, ‘giardino del sole’ e più bella isola del mediterraneo, non si sarebbe capito niente né del resto d’Italia né tanto meno della Grecia e del mondo classico (‘not to know this Island is not know Greece’).