E’ di oltre tre miliardi di euro il business legale in Italia che ruota attorno allo smaltimento dei rifiuti urbani, una montagna di immondizia che raggiunge i 32 milioni di tonnellate prodotte ogni anno dalle famiglie. Ma parallelamente c’è un altro fatturato, quello che si nasconde dietro il traffico illegale dei rifiuti speciali prodotti dall’industria e che frutta alle ecomafie intorno ai 3,1 miliardi di euro.
L’indagine sulla gestione dei rifiuti nel Lazio, che ha coinvolto Manlio Cerroni, il patron di Malagrotta, la più grande discarica d’Europa, ha fatto emergere “il sistema dei signori delle discariche”, spiega il vice presidente di Legambiente, Stefano Ciafani, “soggetti industriali privati che hanno anestetizzato per tre decenni lo sviluppo della corretta gestione dei rifiuti condizionando le scelte politiche. E infatti, con una grande discarica è stato messo in piedi un grande impero economico impedendo la realizzazione del circuito virtuoso della raccolta differenziata e del riciclo”.
L’impero di Cerroni ‘il Supremo’ si è retto su un basso costo, 50 euro a tonnellata (come peraltro avviene in Puglia o in Sicilia, spiega Ciafani) affinchè finisse a Malagrotta l’80% dei rifiuti di Roma. E nei 240 ettari della discarica della Capitale sono state scaricate le 4.500 tonnellate al giorno di rifiuti per 20 anni (il 90% dei rifiuti urbani); in Calabria e Puglia in discarica finisce l’80%. Ma se aumentasse il prezzo dello smaltimento in discarica sarebbe conveniente differenziare e riciclare. Così hanno fatto ad esempio Marche e Sardegna dove la differenziata è arrivata al 70%.
Con la chiusura di Malagrotta il primo ottobre scorso, Roma paga il doppio, cento euro a tonnellata, per mandare i rifiuti soprattutto in Piemonte e in Emilia Romagna, visto che manca un altro sito sul territorio comunale, anche per le proteste dei residenti delle zone ipotizzate.
Con la raccolta differenziata e il riciclo ci sono risparmi economici e benefici per l’ambiente. L’ideale, spiega Ciafani, sarebbe destinare il 65% al riciclo e il 35% negli impianti di trattamento meccanico biologico (di cui il 50% destinato a produrre biogas e compost e il 50% in discarica). Maggiore è la raccolta differenziata, più il Comune guadagna dal consorzio Conai per lo smaltimento di imballaggi. “Per il prossimo anno e mezzo – suggerisce Ciafani – il Comune deve fare tre cose: investire per la raccolta porta a porta in tutta Roma di umido, imballaggi e indifferenziata (con attrezzatura più piccola eliminando i cassonetti e autocompattatori), costruire 4-5 grandi impianti per trattare l’organico e definire criteri trasparenti per individuare un sito per lo smaltimento del residuo. Risultato sarà una gestione dei rifiuti moderna ed europea”.
Fonte: ANSA