Le ragioni degli agricoltori del “Movimento dei Forconi”

Il forcone, icona in Sicilia del mondo agricolo, torna ad essere simbolo di lotta del movimento contadino. Movimento che non è costituito d’indignati, ma di veri incazzati.

La rabbia scaturisce dalla costatazione che l’agricoltura in Sicilia è in ginocchio, nessun prodotto trae profitto, i pezzi pregiati della tanto declamata tipicità non hanno più valore. Arance, limoni, ortaggi di qualità marciscono in attesa di un acquirente, mentre l’assenza di controlli favorisce l’accesso di un prodotto che lascia molte perplessità, soprattutto per il prezzo d’importazione.

A questo si aggiunge il costo del carburante che per i lavori in azienda e per il trasporto sino ai mercati del nord, rende non competitivo il prezzo dei prodotti siciliani. Basta questo per evidenziare che non solo l’economia, ma anche tutta l’agricoltura isolana, rischiano il default.

Una rabbia che trova sinergia con quella degli autotrasportatori dell’Aias che insieme al “Movimento dei forconi” stanno dando battaglia per far sentire al governo regionale e quello nazionale le loro ragioni. Da lunedì 16 gennaio, è scattata la mobilitazione. In strada sono scesi agricoltori, pastori, autotrasportatori, commercianti, pescatori, ecc. “Tutti insieme per chiedere la defiscalizzazione dei carburanti e dell’energia elettrica, l’utilizzo dei fondi europei per lo sviluppo per risolvere la crisi dell’agricoltura, il blocco delle procedure esecutive della Serit, (l’agenzia siciliana di riscossione dei tributi), la riduzione del costo della burocrazia, l’abbattimento del cartello imposto dalle compagnie assicurative e la realizzazione di una rete d’infrastrutturale indispensabile per lo sviluppo, sono queste parte delle ragioni della protesta.”

Mariano Ferro, 52 anni, serricoltore della cittadina siracusana di Avola, è uno dei leader della dissenso dei forconi fortemente adirato annuncia: “Occuperemo luoghi strategici e simbolici in tutta la regione: snodi autostradali, porti, raffinerie, aeroporti, banche e sedi della Serit, vogliamo scrivere una pagina nella storia della Sicilia. Siamo stanchi di false promesse. Della politica che non dà risposte. Vogliamo che la gente torni a manifestare la sua indignazione e la sua voglia di cambiamento. E che il governo di Palermo ci ascolti”.

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