La Sicilia nei film voluti dall’Eni

Nel 1958, all’interno dell’Eni, venne istituito un Ufficio Cinema con lo scopo di documentare e propagandare le attività di ricerca che in tutt’Italia l’Ente andava conducendo alla scoperta di pozzi petroliferi, convinto com’era il suo fondatore, Enrico Mattei, che la penisola ne fosse piena.

Così l’Eni incaricò registi importanti e noti per realizzare corto e lungometraggi nei luoghi in cui cominciava a mettere in azione le trivelle, ad estrarre petrolio, a costruire i suoi stabilimenti. Una nutrita serie di film vennero girati in Sicilia, a partire dalla fine degli anni ’50 sino alla metà degli anni ‘80, soprattutto a Gela e a Priolo: preannunciavano l’inizio di una nuova era, di un miracolo economico siciliano a cui l’Eni pensava di dare una seria e solida base. Adesso quelle pellicole è possibile rivederle accedendo alla  mediateca online dell’Eni che ha provveduto a digitalizzarli e a metterli in rete sul proprio sito Internet.

Il più antico tra i filmati promossi dall’Eni è del 1959 ed è sui pozzi petroliferi trovati nel mare di Gela. Ha per titolo Pozzi a mare e a firmarne la regia è Cesare De Seta. Le sequenze filmiche illustrano il lavoro di estrazione del petrolio dai pozzi scoperti sul fondo marino di Gela, facendo vedere  il gran dispiegamento di mezzi che rende possibile tale operazione: in primis la nave-piattaforma, dal nome Scarabeo, fatta arrivare appositamente dalla Louisiana, con le sue enormi trivelle che perforano il fondale e i modernissimi quadri di comando che le azionano. Ma più di tutto De Seta si concentra sui tecnici e gli operai, che, si fa notare nel film, sono sempre più siciliani (ex-contadini di Gela, di Licata, di Vittoria formati e istruiti per poter lavorare nell’impianto sulla piattaforma) e protagonisti di un mutamento non solo economico ma antropologico che l’isola sta vivendo a seguito della scoperta del petrolio. La voce che accompagna il filmato conclude affermando: ‘gli operai siciliani che lavorano sulla piattaforma Scarabeo possono guardare con fiducia al futuro della loro isola’.

In un altro filmato presente nella mediateca dell’Eni, dal titolo A Gela qualcosa di nuovo, realizzato nel 1960 da Fernardo Cerchio, è ancora l’attività della piattaforma Scarabeo a venire indagata: le scene evidenziano la mole e la potenza dell’imbarcazione con le sue trivelle che scavano a più di 3.000 metri sott’acqua e a bordo della quale ‘dura è la vita degli operai, esposti come sono all’acqua e al vento, perché il lavoro deve continuare sempre e comunque’.

Un documentario del ’63 dal titolo L’isola del petrolio, insiste ancora sulla inarrestabile attività lavorativa, delle maestranze sui ponti o al comando dei tanti marchingegni meccanici, dei cuochi in cucina, dei camerieri in sala-mensa etc, all’interno dello Scarabeo sul mare di Gela: il tutto avviene come sottolinea con ottimistico entusiasmo lo speaker mentre ‘il mare è calmo e la trivella gira’. La portentosa forza dei mezzi dello Scarabeo che sosta nelle acque di Gela, e della sua equipe, è ancora evidenziata in alcune scene de La via del petrolio, il film del ’67 di Bernardo Bertolucci che il sito dell’Eni custodisce e offre in visione integrale e restaurata.

Un altro interessante filmato conservato nella mediateca è quello realizzato da Paolo ed Emilio Taviani dal titolo Icam 300 giorni, dedicato alla ricostruzione dell’impianto di etilene di Priolo, andato distrutto in seguito ad un incendio, nel maggio del1985. In quell’occasione bruciò tutto lo stabilimento e l’ottimo documentario dei Taviani fa vedere prima  gli ingenti danni provocati dal fuoco, commentando le immagini delle macerie e delle strutture bruciate, con i versi di una poesia di Tonino Guerra (scritta per l’occasione), messi in musica da Lucio Dalla, che li canta nel video, accompagnandosi col suo pianoforte. Il resto del film illustra con perizia registica e efficacia di immagini le fasi, diverse e lunghe (300 giorni) della ricostruzione dell’impianto: viene fuori la strenua volontà dell’Eni nel voler ripristinare ‘l’imponente fisionomia’ dello stabilimento di Priolo per farlo ritornare operativo per di più modernizzandolo e rendendolo più efficiente e  funzionale. Il documento visivo si chiude ancora con la canzone di Dalla, mentre scorrono vedute aeree di Priolo e delle casette caratteristiche del suo storico, immagini di paesaggi siciliani e riprese con l’Etna in lontananza.

A concludere la rassegna di film che riguardano la presenza storica dell’Eni a Gela, oltre a diversi altri frammenti e ai documentari sui soggiorni di Mattei nell’isola, vi è la registrazione del lavoro teatrale di Francesco Saponara, messo in scena nel 2009 a Gela, ispirato sempre alla vicenda di Mattei in Sicilia, posto in un ideale colloquio con Domenico La Caverae, Adriano Olivetti, tutti e tre, a diverso titolo e in diversi ruoli e settori impegnati a propugnare l’industrializzazione siciliana; e poi vi è ancora un interessante video, quello della lettura, fatta da Neri Marcorè al Festivaletteratura di Mantova, dell’articolo di Sciascia, dal titolo Gela: realtà e condizione umana, che apparve su Il gatto selvatico il 3 Marzo del ’64, quando lo scrittore annotava positivamente i passi avanti fatti grazie alle scoperte petrolifere: ‘Personalmente, credo di non avere avuto mai, come a Gela, una più cruda rivelazione della povertà siciliana, della miseria. Oggi si può dire non ne sopravviva traccia: anche se a svicolare dalle strade principali ancora si scoprono nei catoi forme di vita primitiva. Ma molta gente ha già lasciato i catoi, l’aumento dei redditi è continuo e sicuro, più vasto l’accesso ai beni di consumo e d’uso. Nel paese è sempre un’aria di festa’.

Quel testo, per altro, ispirò il più intenso dei film voluti dall’Eni in Sicilia, quel Gela antica e nuova che girò Giuseppe Ferrara, nel 1964, e che seguendo le parole di Sciascia immortalava la vetusta città greca arcaica e il suo mondo rurale fatto dei volti desolati di gente povera e devota che, scalza e contrita, segue il fercolo di una processione; e queste testimonianze, della sopravvivenza di una cultura popolare e precaria, Ferrara le alternava però nel suo film alle riprese del moderno impianto di raffinazione dell’Eni che con i suoi alti tubi alti e fumanti rappresentava il simbolo e la realtà tangibile delle aspettative di lavoro, di benessere e di progresso di un’intera isola.

Nei decenni a venire però di quella volontà industriale si incominciò a vederne il declino, a causa dei ritardi e dell’incuria dei governi regionali nel definire e attuare una seria politica industriale.

Ma i sogni di riscatto dalla miseria e dal mero assistenzialismo economico, sono rimasti impressi in quelle vecchie pellicole. A futura memoria.

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