I diari dei siciliani nell’archivio di Pieve Santo Stefano

Saverio Tutino

Sono per lo più memorie di guerre quelle contenute nei diari dei siciliani conservati nel più importante e consistente archivio diaristico nazionale che ha sede ed opera a Pieve Santo Stefano in Toscana, sotto l’ormai pluriennale direzione di Saverio Tutino, che ne è stato, nel 1984, l’ideatore.

A scorrere gli abstract che accompagnano titoli e indicazioni sugli autori dei quasi quattrocento diari che i siciliani di tutte le province hanno finora spedito all’archivio – .per partecipare al concorso annuo che ne premia il migliore o semplicemente per depositare e tramandare la propria autobiografia – ci si accorge infatti che le esperienze belliche sono quelle che più hanno motivato la stesura delle proprie storie personali. Così in numerosissimi diari si parla dei due conflitti mondiali, con racconti di reduci dal fronte greco e da quello russo, con la rievocazione di combattimenti nei campi di battaglia della Croazia o del Friuli, dell’ Eritrea, dell’Albania e di tantissimi altri luoghi: tanti, per esempio, che parlano della guerra in Libia, e tra questi vi sono i diari di Italo Azzolini, dal titolo “In volo di notte di nel mediterraneo”, e di Gino Del Bufalo, “Diario con aeroplani”, dove sono raccontate “le esercitazioni e la guerra aerea in Libia nel 1941, i rapporti con i colleghi piloti, l’eccitazione per la partecipazione alle varie azioni belliche fino alla sconfitta e al desolante rientro in patria”. E non sono solo storie e avventure di guerra vissuta e guerreggiata; sono anche memorie della fanciullezza, dell’adolescenza e della giovinezza trascorsa in Sicilia, durante la guerra, quelle presenti in tanti diari, come tra i tanti in quello di Pierina Cascio che in “Anni dimenticati” descrive “l’isolamento inquieto di un’adolescente siciliana, rotto dalle note di Lili Marlen e dalla lettura di qualche numero della rivista Grazia, mentre fuori impazza la guerra, e c’è un esercito alleato che sbarca poco lontano da casa e una sommossa popolare che scoppia proprio nel suo paese Fiumedinisi”. Ovviamente non solo di guerra si parla nei diari dei siciliani, ma nel susseguirsi degli autori e dei diversi temi dei loro scritti ci si imbatte nelle vicende del giovane catanese Sebastiano Porto, arruolatosi nella legione straniera e mandato a combattere nell’Indocina francese; nello sconforto del palermitano Vincenzo Pironti che nel suo “La mia montagna” descrivendo “i luoghi dove visse la sua infanzia e fanciullezza e la strada che, attraversando la ‘sua’ montagna, ne ha distrutto il paesaggio”, lamenta uno scempio ambientale; nell’ infanzia difficile di Vincenzo Andreous che in “Sono libero nel mio cuore” narra le peregrinazioni tra carceri e istituti di recupero di un ragazzo difficile nella Catania degli anni ’70 che grazie all’aiuto di generosi volontari e accorti educatori riesce a trovare la giusta strada nella vita. E così via.

Ampia è la presenza di diari che hanno per argomento la scuola, vissuta e ricordata da alunni che diventati maturi e anziani gettano uno sguardo quasi sempre nostalgico a quegli anni perduti e ambientando le loro memorie in periodi diversi, tratteggiano caratteristiche e clima della scuola in Sicilia durante il fascismo, prima e dopo la riforma Gentile, e poi nel dopoguerra, quando l’istruzione diventa obbligatoria e di massa: sono diari anche di insegnanti e presidi, spesso esaltati dal loro lavoro e dai successi educativi (Raffaella Valenti in “Cronaca”), protagonisti a volte di progetti riformatori (quello dell’introduzione nelle scuole siciliane dei progetti per la formazione di una coscienza antimafiosa viene ricordato nel diario di uno dei promotori, il preside Vito Mercadante in “Un impegno lungo quanto una vita”) ma anche delusi e amareggiati da esperienze frustranti alle prese con classi e alunni impossibili o intrappolati in situazioni kafkiane in occasioni di nomine come commissari d’esami nelle scuole del nord.

Una consistente mole di diari ha per oggetto vicende e storie d’amore: sentimento scoperto da alcuni sin dalla primissima infanzia ( “I giardini di eros” di Giuseppe Jannello), dai più vissuto e praticato nella sempre rievocata età adolescenziale, da qualcuno rimpianto in quanto perduto o mai provato, in età matura. Ma anche di dolore (per le malattie e il tragico calvario che spesso ne deriva) e di morte (dei propri cari, di parenti e amici) son piene le pagine dei diari siciliani.

Poche le memorie in cui si ripensa alle tradizioni e al folklore in genere, e tra quelle che parlano dell’emigrazione, nessun tono drammatico ma tanta nostalgia – per l’isola lasciata e rimasta nel cuore come in “Terre di san Nicola” di Giuseppe di Cola, emigrato da Cacciamo a Milano – e tanto senso della dignità per essersi adoperati a trovare lavoro lontani dalla propria casa, come documenta il nisseno Antonio Sbirziola in “Povero onesto e gentiluomo”. In parecchi diari si fa cenno alla mafia: in particolare in quello della nipote di una vittima di Cosa Nostra, Calogera Domina, dal titolo “Siamo in Sicilia” e in quello di Antonina Azoti – figlia di un sindacalista di Baucina, ucciso dalla mafia – che ricostruisce e fa rivivere il sacrificio del padre Nicola.

Inoltre, una decina di ricordi recenti, fissati sotto forma di diario, sono di una decina di giovani siciliani che hanno partecipato alla giornata mondiale della gioventù a Colonia, voluta da Papa Wojtila, nel 2007.

Non solo quindi i diari, noti e famosi di Tommaso Bordonaro, autore di “La spartenza” e di Vincenzo Rabito, autore di “Fontanazza” (che hanno vinto il premio Pieve Santo Stefano nelle edizioni del 1990 e del 2000, sono state pubblicati da grandi editori e sono diventati bestseller) – sono presenti nel prezioso archivio della memoria, ma tantissime e altrettanto ricche e varie storie sono state depositate negli anni, rappresentando, della Sicilia, un variegato e molteplice coro di voci per lo più popolari ma anche aristocratiche e colte: tra i diari infatti vi è quello del nipote di Crispi, Bruno Palamenghi, dal titolo “Il colonnello di Girgenti” e quello di Giovanni Tomasi di Lampedusa “dove il nobile palermitano registra ne lo scorrere delle giornate suddivise fra impegni religiosi e mondani, sullo sfondo di una Palermo ottocentesca ricca di Don locali e di compari”; vi sono le lettere di Luigi Capuana, indebitato e in cerca di aiuti economici, e le memorie di Egidio Greco, funzionario nel dopoguerra del Pci catanese; e vi è finanche il diario dello scrittore di romanzi umoristici Umberto Domina che racconta sì della sua ‘passione per la scrittura’ ma di più della sua città, Enna e delle città del nord (Milano e Torino) dove ha lavorato in diverse aziende, quindi della sua famiglia e della depressione che lo ha colpito appena dopo essere andato in pensione.

Insomma, quella siciliana, è una produzione diaristica variegata e molteplice nella composizione sociale e culturale degli autori e nella ricca diversità delle loro vite accomunate però da un’identica ricerca, attraverso la narrazione e la scrittura, del tempo perduto, della libertà, di un riscatto dalle offese della vita e della storia. E tra i tanti vi è anche chi è stato mosso a raccontarsi dalla voglia gioiosa di mostrare i propri successi nella vita, come ha fatto l’agrigentino Calogero Di Leo nel suo

“Un siciliano turista milionario emigrante ovvero Mai biuriful laif” che racconta “con orgoglio per i risultati raggiunti e con ironia di ‘essere andato a cercare fortuna lontano dal paese e di averla trovata a New York, facendo il pizzaiolo e il ristoratore, e unendo il suo destino a quello di una portoricana, che gli ha dato tre figlie”; o chi, come Antonio Sileci, ha voluto confessare le prodezze oltremodo temerarie e avventurose di cui è stato protagonista, confessando in 12100 pagine di 91 quaderni “otto anni di infedeltà coniugale, svelando, con intenzione cronachistica e introspettiva minuziosa, gli incontri segreti e le continue precauzioni per non essere scoperto”.

 

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