Con l’approvazione dell’articolo 64 della Legge regionale n. 6 del 14 maggio 2009 (Finanziaria 2009) l’Assemblea regionale siciliana ha approvato la norma che istituisce il Parco dei Monti Sicani. Lo stesso articolo prevede la costituzione di un Comitato avente il compito di sottoporre alla Regione, ai sensi della legge regionale 6 maggio 1981 n. 98, una proposta che contenga l’individuazione del territorio da tutelare, i relativi pregi naturalistici, nonché l’inclusione delle Riserve già istituite.
Il predetto Comitato è nominato con decreto dell’Assessore regionale per il territorio e l’ambiente ed è composto in via transitoria: dai sindaci dei comuni interessati alle riserve già istituite, da un rappresentante dell’Assessorato regionale del territorio e dell’ambiente, da un rappresentante dell’Assessorato regionale dell’agricoltura e delle foreste – Dipartimento regionale Azienda foreste demaniali, da un rappresentante dell’Ispettorato provinciale dell’agricoltura rispettivamente di Palermo e di Agrigento, da sei esperti designati dalle associazioni ambientaliste più rappresentative in ambito ambientale e paesaggistico.
Inoltre sono state individuate le sedi del parco nei comuni di Bivona e Palazzo Adriano. E’ facilmente intuibile che questa nuova istituzione costituisce una grossa opportunità di sviluppo per questo entroterra siciliano.
Un Parco che dovrebbe coincidere con l’antico territorio del Kràtas (dal greco massiccio, imponente, forte, ecc) che per cinque secoli ha ospitato il popolo sicano e che lo studioso castronovese Luigi Tirrito lo individuava nelle “giogaie montuose che s’innalzano fino a lambire il cielo che separano il fiume Lico, oggi Platani, ed il fiume Belice”. Un’area delimitata, a Nord dal massiccio del Busambra e a Sud dalla vista del canale del Mediterraneo.
I Monti Sicani occupano una vasta area a cavallo tra le province di Palermo ed Agrigento, un pezzo di Sicilia, che costituisce il “cuore” di quello che alcuni millenni fa è stato il dominio sicano, impostosi per diversi secoli in quest’area selvaggia ed incontaminata della Sicilia, tra rupi, boschi e vallate che fungono da corollario al percorso sinuoso dei fiumi Sosio-Verdura, Magazzolo e Platani. Tra queste singolari montagne sicane si trova inoltre, la riserva d’acqua più consistente della Sicilia, pari a circa 100 milioni di metri cubi dislocati in ben sette grossi invasi: Fanaco, Piano Leone, Raia o di Prizzi, Gammauta, Castello, Cristia e della Favara, tutti tra loro collegati attraverso un sistema per caduta. Invasi che oltre offrire ricchezza idrica, costituiscono un grosso patrimonio paesistico, sportivo compreso quello turistico, potenzialità, purtroppo, mai espresse.
Il territorio è caratterizzato da cime che superano spesso i mille metri di altezza, da formazioni geologiche particolari risalenti al Permiano (ultimo periodo dell’Era Paleozoica) e da un’agricoltura in grado di incidere in maniera significativa sui paesaggi vegetazionali.
All’interno dell’area sicana sono state realizzate cinque Riserve naturali: Monte Carcaci, Riserva Monte Genuardo e S. Maria del Bosco, Riserva dei Monti di Palazzo Adriano e Valle del Sosio, Riserva di Monte Cammarata, Ficuzza – Rocca Busambra a testimonianza del forte interesse naturalistico, faunistico ed ambientale manifestato dall’uomo per la conservazione di un ecosistema così delicato. La presenza così evidente di questo interesse naturalistico ha fatto scaturire, qualche anno addietro, anche la creazione della Rete ecologica dei Monti Sicani.
Un territorio dove vive una popolazione semplice ed umile, cortese ed aperta; gente che si muove con il proprio tempo, con le proprie passioni e le abitudini di sempre. Socialità rurale che vive e si mantiene, e che trova nelle tradizioni, miste di religiosità e folklore elementi indispensabili per far vivere nel tempo l’orgoglio di un popolo volutamente dimenticato tra le pagine della storia. Se straordinariamente bella è la natura dell’area, di sommo interesse è il suo patrimonio culturale: arte, tradizioni, gastronomia, momenti rituali, manufatti del mondo rurale che conferiscono ai Monti Sicani connotati unici e irripetibili, facendone quasi un’isola nell’isola. La “regione sicana” la si può considerare anche un vero laboratorio del pensiero politico, storico, sociale e culturale dell’Isola , teatro anche di numerose battaglie.
In questi luoghi, pieni di fascino e di storia, sono maturate le idee ed i sentimenti che portarono, in vari periodi alle rivoluzioni che avranno ripercussioni sull’intera isola. Terra di Cocalo, il re che ebbe il coraggio di ospitare Dedalo e contrapporsi al potente Minosse. In questi luoghi si consumò la seconda guerra servile che vide le città di Scirtea e Triocala essere punto di riferimento degli schiavi insorti allo strapotere romano. Viva e forte è la tradizione greco-bizantina con riti sacri, usi e tradizioni. Caltabellotta è il luogo dove è stata firmata la guerra del Vespro. I Monti Sicani costituirono anche il luogo di rifugio del popolo arabo, tanto da eleggerlo loro roccaforte. La creazione della diocesi di Monrelae (1182) scaturì come una sorta di “Cantone saraceno” per consentire ai Musulmani di essere trincerati all’interno di un unico territorio. La fortezza di Caltabellotta ospiterà la regina Sibilla e il re Guglielmo III, lasciato erede al trono ancora minorenne dal proprio padre Tancredi. Durante la guerra del baronaggio tra la fazione latina contro quella catalana, il castello di Gristia o Cristia, posto tra i territori di Chiusa Sclafani e Burgio, con l’omonima “Compagnia”, a detta di Fra Michele da Piazza, era elemento decisivo di forte persuasione contro la fazione latina dei Chiaramonti.
Castronovo di Sicilia sarà la sede di un Parlamento con la presenza dei potenti baroni siciliani. Palazzo Adriano con la sua “scuola dei gabelloti” e “le leghe bianche” di Mons. Alessi, insieme a Corleone e Lercara Friddi, saranno protagonisti durante i Fasci siciliani. Il maestro Lorenzo Panepinto di S. Stefano Quisquina pagherà con la propria vita l’aver difeso il rispetto dei diritti dei propri concittadini (1911). Analogo destino toccherà a Bennardino Verro (1915), al sindacalista prizzese Nicola Alongi (1920) e, qualche secolo più tardi, al corleonese Placido Rizzotto.
L’istituzione di un Parco risulta di fondamentale importanza poiché rafforza l’identità di appartenenza, sconfigge i campanilismi esasperati che in questi ultimi anni, per l’esiguità dei finanziamenti, ha provocato scontri politici e culturali. Uno strumento che riequilibra un territorio per secoli abbandonato, tagliato da vie strategiche e forse per questo è stato preservato.
Si aprono grandi opportunità in termini di attività turistiche, culturali, economiche. La possibilità di calendarizzare manifestazioni, iniziative, con la capacità di condizionare e integrare l’offerta culturale. Il Parco garantisce anche un marchio ecosostenibile che contraddistingue un territorio. Naturalmente non mancano i parco- scettici che pensano a questa struttura come un appesantimento della burocrazia. Senza dilungarci troppo, le opportunità risultano maggiori dei vincoli che ne derivano.
Trascinatore di questo progetto è stato l’on. Giovanni Panepinto, sindaco di Bivona, il quale, successivamente all’approvazione della norma, ha detto che: “L’istituzione del Parco è molto importante per la valorizzazione dell’immenso patrimonio paesaggistico delle aree interne, che sono sicuro potrà costituire un volano per il comparto turistico ricettivo e culturale della nostra regione”.
Ci sono, insomma, tutte le condizioni per attecchirvi, oltre ad uno sviluppo economico, un turismo diffuso e integrato con le risorse del territorio e, in modo particolare l’agriturismo e il turismo rurale, che in altre aree della Regione, forse meno vocate della nostra, sono già una realtà viva e dinamica.