La cassatedda di ciciri di Partinico

Le cassatelle in Sicilia erano prerogativa dei conventi. A ricordarlo ci viene in aiuto Maria Oliveri, esperta di dolci conventuali, la quale ci ricorda che: “Le monache non  trascrivevano le ricette, le ricordavano a memoria; calibravano le dosi a occhio, lasciandosi guidare dall’intuito e dal sentimento: se faceva scirocco la pasta delle cassatelle veniva più secca, si screpolava e bisognava coprirle con un cannavaccio (un panno) e friggere subito, altrimenti  si aprivano e fuoriusciva la ricotta”. Altra maestra delle cassatelle è Maria Grammatico, un’istituzione della pasticceria conventuale, per anni novizia nel convento dei carmelitani di Erice che ricorda così la leccornia: “venivano fuori oltre alle genovesi, le graffe e le suadenti cassatelle”.

Insomma le cassatelle erano il vanto di diversi monasteri siciliani. Nonostante il nome possa far pensare a delle cassate piccole, non hanno niente a che fare con  la regina della pasticceria siciliana. Nel monastero delle benedettine di Palma di Montechiaro, fondato nel 1640 dalla celebre famiglia di Lampedusa, oltre ai famosi biscotti ricci si annoverano anche le cassatelle a forma di stella, di cuore o semplicemente rotonda. La parte esterna ricoperta di glassa bianca era decorata con due fiorellini di pasta reale, uno verde e l’altro rosso. Lo squisito ripieno poggiava su una  base di pasta di mandorla impreziosita con della zuccata imbevuta di liquore.

Nel trapanese sono denominate in altri modi; ad esempio a Marsala vengono chiamate cappidduzzi, a Mazara  del Vallo raviola. A Castellammare del Golfo, sempre nel trapanese, le cassatelle sono caratterizzate da un involucro sottile di pasta fritta ripiena di crema di ricotta e gocce di cioccolato. Le varianti sono notevoli e si riferiscono al condimento interno che varia da paese in paese.

Tra le tante cassatelle. esiste inoltre una variante molto curiosa con un ripieno di pasta di ceci. I legumi vengono fatti bollire e poi passati ancora caldi in un setaccio o addirittura nel passapomodoro per creare una pasta alla quale viene aggiunto lo zucchero,cannella,cioccolato e ilvino cotto, ben amalgamata viene usata comeripieno perle cassatelle. Famosesono quellediPartinico eLascari.

Come questo dolce sia arrivato nelle due cittadine del palermitano è davvero difficoltoso.

Partinico vanta una lunga tradizione di cassatelle con i ceci, un dolce che, in altre parti, è normalmente realizzato con ricotta o con crema. Nel paese della cantina borbonica la cassatella è legata alla festività di San Giuseppe e al Carnevale.

Riguardo le origini, i partenicesi raccontano che: “Il periodo in cui si consumavano le cassatedde, coincideva con la Quaresima, che imponeva al cattolico osservante la rinuncia per 40 giorni di alcuni alimenti, come: carne, uova, latticini, grassi animali etc., il divieto era finalizzato alla preparazione spirituale del sacrificio di Cristo. Il dolce tipico della tradizione di San Giuseppe, coincideva con la Quaresima, quindi la cassatedda, non poteva contenere la crema di ricotta, pertanto l’unica alternativa alle rigide prescrizioni religiose in tema di digiuno quaresimale era una crema base di ceci”.

Considerato che ogni santo ha il suo devoto, ma anche la sua leccornia a San Giuseppe i partenicesi hanno dedicato la cassatella, non nella classica preparazione ma reinventando, con risultato eccellente, un dolce compatibile con i dettami della Quaresima. Si tratta di un dolce povero legato alla cultura contadina.

L’involucro è costituito da una pastafrolla che racchiude una parte interna costituita da una gradevolissima crema di ceci condita con miele e arricchita da canditi di zucca e di buccia di arancia, da qualche scaglietta di cioccolato e da cannella polverizzata che amplificava e armonizzava l’effetto aromatico di tutti i componenti.

La cassatella partenicese è un prodotto fortemente identitario a cui la popolazione locale è fortemente legata. Tra l’altro la cassatella si vanta del marchio PAT (Prodotto tradizionale territoriale).

Ma andiamo alla ricetta:

Involucro esterno:

500g di semola di rimacino e 500 g di farina 00, 300 g strutto, 150 g di vino bianco, 100 g zucchero semolato, 3 tazzine di caffè, Acqua qb, cannella in polvere qb, bacche di vaniglia qb., olio extra vergine d’oliva per friggere, zucchero semolato o a velo e cannella per spolvero.

Farcia:

1 kg di ceci, 150 g cioccolato fondente, 150 g miele, 200 g zuccata, Cannella in polvere qb.

Lavorazione:

Passare al setaccio i ceci cotti (dopo averli ammollati per 24 ore) ed amalgamare con gli altri ingredienti. Mettere da parte. Lavorare la farina con lo strutto, incorporare zucchero e vino bianco q.b. Impastare bene e formare una palla, avvolgerla in pellicola per alimenti e tenerla in frigo per 1 ora circa. Si consiglia di impastare la pasta la sera precedente. Tirare la pasta fino a renderla sottile, tagliare con un coppapasta, mettere dentro un cucchiaino di farcia di ceci e chiudere in due pressando bene i bordi con i rebbi di una forchetta. Rifilare i bordi con la taglierina dentata. Friggere in abbondante olio extra vergine d’oliva, far perdere l’unto lasciandole a sgocciolare su carta da cucina. Spolverizzarle con zucchero a velo e cannella.

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