Prosegue il nostro viaggio per scoprire la Sicilia “nascosta”. Visitiamo Leonforte, un comune della Provincia di Enna, che ancora oggi, a tratti riesce a mantenere intatto il fascino dell’antico agglomerato rurale. Grazie alla sua posizione baricentrica, è facilmente raggiungibile in poco tempo basta uscire allo svincolo di Mulinello dell’autostrada Catania- Palermo.
Un passo indietro nel tempo
Vedere posti nuovi, originali e possibilmente ricchi di tradizione, credo sia un po’ il desiderio di chi ama viaggiare. Oggi più che mai gli impegni ci rincorrono e non danno facilmente l’occasione, un po’ per stanchezza un po’ per mancanza di tempo, di poter visitare posti dove storia, folklore, tradizione e progresso si mescolano in maniera tale, da creare incantevoli località con incomparabili bellezze paesaggistiche. Vi invitiamo questa volta a visitare Leonforte, una simpatica cittadina dove passato e presente si alternano armoniosamente.
Leonforte nasce nei primi del seicento come borgo rurale, sotto la dinastia della famiglia Branciforti. Questa famiglia ebbe origine da Obizzo, alfiere a portabandiere di Carlo Magno, che durante una delle numerose battaglie fu assalito da tre nemici col fermo proponimento di toglierli lo stendardo. Gli mozzarono addirittura le mani ma Obizzo abbracciò fortemente l’insegna con i moncherini resistendo loro fino al sopraggiungere dei soccorsi. Carlo magno, ammirandone il coraggio lo ricompensò con l’ordinare che la sua famiglia da quel momento in poi si chiamasse Branciforti ( da “branchiis fortibus”) e che il suo stemma gentilizio raffigurasse un leone rampante con la corona d’oro che sostiene una bandiera ( da qui Leonforte). Alle origini vi era un piccolo villaggio, chiamato Tavi, che prendeva il nome dal rudere di un castello saraceno di quella zona: nel 1597 passò sotto la baronia del principe Nicolò Placido Branciforti. L’abbondanza d’acqua, la vallata fertile e lussureggiante, la presenza di parecchi mulini nella zona, quel primo nucleo di abitanti, indussero il Principe a fondare in quel luogo (1610) un nuovo borgo, dandogli un nome che ricordasse la sua stirpe e quindi il suo stemma di famiglia: Leonforte. L’impronta che diede questo vero e proprio “principe macenate” è senza dubbio di alto valore: si occupò con amore e passione di questo paese affrontando parecchie spese ed enormi sacrifici per costruire strade, chiese, e per realizzare opere d’arte di notevole pregio.
Delicatamente “Barocco”
E’ ormai risaputo che negli ultimi anni si tende a far riscoprire un nuovo tipo di turismo. Ci si accorge che “turismo è cultura” (come sostiene sinteticamente ma in modo forte ed espressivo la pubblicità!) e cultura è soprattutto il nostro passato. Leonforte è ricca di “passato”. Il suo impianto urbanistico fu costruito seguendo un determinato progetto scenografico realizzato con criteri e schemi prettamente rinascimentali. Non dimentichiamo che dal Medio Evo in poi per molti comuni siciliani il fulcro era il Palazzo Principesco da cui dipartivano tante viuzze strette e tortuose fra le case che scendevano fino alla vallata. Ed è così che ancora oggi Leonforte si presenta: sembra un quadro di straordinaria bellezza, dove le casette, addossate le une alle altre, si confondono tra le verdeggianti colline.
A spasso per il paese
E’ stato veramente simpatico ed affascinante visitare Leonforte: percorrendo le sue stradine, parecchie delle quali pavimentate ancora in pietra, si incontrano file di casette con intere facciate di pietra intagliata, balconi in ferro battuto, antichi porticati, sottopassaggi ad arco, naturalmente, in una atmosfera tranquilla. Tutto questo è nel centro storico dove, nonostante la mancanza di adeguate tecniche di ammodernamento, ritroviamo gli elementi tipici del primo barocco settecentesco, nella sua linearità e “delicatezza”. Non è quindi un barocco aggressivo, ma uno stile che è presente, uniformemente, in tutta la struttura urbana. Dopo una rapida ascesa al Monte Cernigliere arriviamo, finalmente, nello spiazzale che ospita la piccola chiesetta di Croce Santa. E’ il punto più alto di Leonforte e da qui, vi assicuriamo, si vede un bellissimo panorama. Si può ammirare dall’alto un paese con i suoi tetti spioventi in tegole, tante piccole case che a colpo d’occhio formano un manto uniforme, tale da circondare il maestoso palazzo Branciforti. Scendiamo per andare a visitare questo grande palazzo seicentesco, con i suoi bastioni, i suoi baluardi, i merli, le sue torri… Purtroppo lo stato di conservazione non è dei migliori e tutto l’edificio necessiterebbe, per riacquistare il suo splendore, di un adeguato recupero funzionale. Nel giardino antistante il palazzo Branciforti si trova la villetta comunale. Lì vicino c’è da ammirare la bella Chiesa Madre (Matrice) che si presenta in un “composto” stile barocco classicheggiante, ordinata dal Principe Nicolò Placido Branciforti nel posto dove sorgeva un santuario che egli volle ingrandire.In linea d’aria, si sviluppa anche un altro grande monumento: la Scuderia, nella quale nei secoli scorsi, erano allevati cavalli rinominati in tutta Sicilia. Da qui cominciamo a scendere per i caratteristici vicoli. Sono delle viuzze strette e tortuose dove alle case moderne, si alternano scorci di angoli in pietra bianca intagliata, panchine, lampioncini, tanto verde ed una micro-piazzetta pavimentata a ciottoli. E dopo tante scale ed una miriade di domande al nostro “cicerone”, scendiamo a valle dove, quasi in periferia del paese, è situata la bellissima “Granfonte”. Quando il Principe Nicolò Placido Branciforti iniziò a la costruzione di Leonforte, pensò di costruire ed abbellire il grandissimo fonte di Tavi, conosciuto soprattutto per l’abbondanza dell’acqua. Questo monumento, che emblematicamente rappresenta Leonforte, ha una forma simmetrica: presenta 22 arcate a tutto sesto, aperte a 21 “cannoli” di bronzo da dove sgorga l’acqua ed una vasca sottostante, rettangolare, in cui la stessa confluisce. La vicino sgorgano altre sorgenti che alimentano diverse fontane, acque che una volta azionavano mulini ed irrigavano il terreno della zona. Dal “Corso”, la strada principale di Leonforte, arriviamo ad una ampia scalinata che, posta a nord ovest del paese, porta ad un ampio cortile di forma quadrata dove si ergono il Convento e la Chiesa dei Padri Cappuccini: originariamente erano un po’ isolati e quindi lontani dal centro ma nell’odierna Leonforte sono stati inglobati nel tessuto urbano. Il Convento fu costruito nel 1627 dai frati minori Cappuccini grazie anche all’aiuto del Principe Nicolò Placido Branciforti ed ai suoi successori. Ricordiamo che sin dalla fondazione il Convento è stato sede di una fornita biblioteca dove si conservano manoscritti di notevole pregio. Dopo solo tre anni i frati costruirono accanto al convento, la Chiesa dei P.P. Cappuccini. La Chiesa dei Frati accoglie le tombe dei principi Branciforti ed anche numerose opere d’arte. L’opera che campeggia sull’altare maggiore è un quadro di Pietro Novelli che rappresenta “l’elezione di S. Mattia ad Apostolo”. Appartenevano a questa chiesa un trittico in legno del Beato Angelico ed un quadro di Raffaello (“Fuga in Egitto”) regalato da Papa Urbano VIII ai Branciforti come dono di nozze. Purtroppo queste opere non sono più a Leonforte perché oggetto di singolari vicende. La vita culturale del paese ebbe grande impulso con la nascita, nel 1600, della Scuola degli Scolopi, frequentata principalmente dalla media borghesia, e che fu uno dei fattori che più contribuirono al sorgere di un fenomeno dottrinale.
Una mentalità aperta
Leonforte è una cittadina vivace, dove si respira un’aria “innovativa”, un paese che nonostante la sua fondazione “recente” ha creato supporti solidi su cui basare la propria economia. Peculiarità di Leonforte è la sua grande vallata ricca di agrumeti, ma il paese è soprattutto rinominato per la produzione della saporitissima “fava larga”. Da qualche anno a questa parte sta acquistando grande importanza la coltura delle pesche ( a polpa dura) che maturano tra le fine di settembre e l’inizio di ottobre. Grazie all’ingegnosità dell’agricoltore leonfortese, si stanno sperimentando delle colture biologiche realizzate con un particolare procedimento che consiste nell’insacchettare il singolo frutto, in modo da proteggerlo dai parassiti, evitando così di ricorrere ai pesticidi, a sostanze chimiche e ad altri anticrittogamici. E’ ormai consuetudine festeggiare la prima domenica di ottobre con la “Sagra de Pesco”, manifestazione di notevole rilevanza commerciale e turistica, nella quale vengono allestiti anche padiglioni dedicati ai prodotti dell’artigianato. Purtroppo oggi Leonforte si ritrova con una produzione agricola ed artigianale in ribasso, a causa di un fenomeno di abbandono delle terre e di un’emigrazione verso “mestieri diversi”. Quella di Leonforte è comunque una ”economia borghese”, frutto di una mentalità aperta ai problemi più attuali, economia che si “adegua” alle nuove esigenze. Oggi nel paese, nonostante i problemi riguardanti il mondo della campagna, quelli degli squilibri urbanistici ( un forte contrasto tra la parte antica e quella moderna) ed il momento difficile per il recupero dei monumenti storici, riscontriamo comunque una voglia di fare da parte dei cittadini. Obiettivo primario comunque resta il turismo, trasformandolo da turismo di transito in turismo stanziale. Ma per ottenere tale risultato occorrerebbero strutture ricettive che a Leonforte mancano del tutto. Dopo un’intera giornata, durante la quale abbiamo visitato per lungo e per largo Leonforte, ubriacandoci delle sue bellezze (storiche, monumentali e paesaggistiche) ci troviamo già in un calmo tardo pomeriggio: ad un tratto si accendono le luci ed il cielo diventa sempre più buio e Leonforte acquista un’aria nuova, ed insolita. E’ interamente illuminata da lampioncini e da faretti sapientemente posizionati che danno l’idea di… un suggestivo presepe.
I “tavulati” di S. Giuseppe
Per noi giovani la preparazione alla festa iniziava qualche mese prima, quando i più intraprendenti di noi “preparavano” un nutrito repertorio di “canzoni” da cantare in coro davanti agli “artara” per spingere gli ospiti a farci gustare le più impensabili delizie della loro “tavolata”. Per i nostri ospiti invece la preparazione iniziava mesi e mesi prima della festa di S. Giuseppe, quando per voto decidevano di allestire la loro “tavolata” per i “Santi”, “Signuri e Apostuli”, per un numero che andava da tre a redici, sempre in numero dispari. La preparazione degli addobbi , per lo più realizzati con tendaggi e tovaglie finemente lavorate, genuine espressioni dell’artigianato leonfortese, la ricerca delle primizie di frutta anche la più rara ed introvabile, la preparazione di innumerevoli tipi di dolci, decine e decine di chili di “pane di S. Giuseppe” i “cudduri di S. Giuseppe” artisticamente lavorate e decorate con “paparina”, richiedevano per i devoti notevoli sforzi anche economici. Tutto il vicinato era coinvolto nella preparazione. Ed alla fine la “tavolata” sfarzosamente illuminata, addobbata e riccamente imbandita era pronta il pomeriggio prima della festa. Proprio quando iniziavano le nostre visite che con maniacale precisione, non escludevano alcuna tavolata. Non senza avere preparato prima il “lazzo” dove legare i “cuddureddi e pipiddi” frutto delle nostre bravure canore. Gli ospiti ci aspettavano, vestiti a festa, seduti attorno alla tavolata, con la stanchezza stampata in volto, dopo giorni e giorni di fatica, ma felici. Il nostro repertorio canoro “pi’ S. Giuseppuzzo” veniva fuori al naturale allegro, scanzonato e, a volte improvvisato; ad ogni pezzo erano “cudduri e pupiddi” assicurati da infilare al “lazzo”. E tra l’incredibile confusione ogni tanto si levava un “attia i manu” rivolto al malcapitato che non resisteva alla tentazione di servirsi, furtivo, di quel ben di Dio. Inutile dire che assieme agli assaggi, ai “cudduri ai pupiddi” ci scappava pure qualche buon bicchiere di vino. E via a “furriari” altre “tavolate” allegri e fieri del nostro “lazzo”. A mezzogiorno del 19, dopo la benedizione delle tavolate da parte del Sacerdote venivano i “Santi” scelti tra i poveri del paese. “A quannu a quannu c’è l’angiulu santu, nome do Patri do Figghiu e do Spiritu Santu, cala Gisuzzu cu la vera luci, mangiamu tutti ch’è fatta la cruci”. Si iniziava con tre spicchi d’arancia e si proseguiva con tre assaggi di tutto. Alla fine tutti i prodotti della tavolata venivano portati via parti eque dai “Santi”. Roba d’altri tempi? Assolutamente. Basta andare il 18 marzo sera a Leonforte per vedere come tradizione, fede, devozione e folklore, irremovibili ingredienti delle tavolate di S. Giuseppe, resistono tuttora imperturbabili al logorio del tempo.
Escursioni da non perdere
Monte Altesina
La culla delle Ninfe
Se vi trovate dalle parti di Leonforte non perdete l’occasione di fare un’escursione sul monte Altesina. Magari, visti i luoghi impervi, fatevi accompagnare da qualcuno del posto. Sul monte Altesina (1200 mt s.l.m) le tracce della presenza dell’uomo risalgono alla preistoria: strutture murarie, cocci di argilla cotta solo rudimentalmente. Pare che il monte sia stato la culla delle Ninfe. Per credervi basta visitare la sua rigogliosa e lussureggiante natura di selvaggia macchia mediterranea, dove querce, pini, eucaliptus, si mescolano armoniosamente con il sottobosco formato da ginestre, asparagi ed erica. A quota più bassa boschi di pini ed eucaliptus di recente impianto. Numerosa la fauna costituita da volpi, conigli, lepri e volatili. I cacciatori non si facciano illusione. L’area è rigorosamente protetta dalla forestale. Attenti anche alle vipere, per cui tenete sempre il vaccino antivipera a portata di mano. Le escursioni possono partire dalla casa rifugio posta a quota mt.800 vicino ad un bellissimo laghetto collinare.
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Diga Nicoletti
Carpe da 12 kg.
Se siete dei pescatori dilettanti, di quelli che contribuiscono a mantenere in vita, con appetitose esche e sostanziose pasture, la fauna ittica delle nostre acque, non mancate di fare una puntata alla Diga Nicoletti, un enorme invaso artificiale capace di contenere circa 20 milioni di metri cubi di acqua, realizzato dall’ ESA tre il 1962 e il 1968 per irrigare i 2000 ettari di terreni agricoli a valle. Per quest’ultimo uso la diga non è servita molto, i terreni a valle, infatti, attendono ancora le condutture di distribuzione, però con le sue tinche, le carpe, alborelle, carpe regine e con gli splendidi paesaggi che la circondano è una irresistibile tentazione per quanti intendono trascorrere alcune ore serene. I contadini della zona sussurrano che qualcuno ha pescato una carpa di ben 12 kg.
Per riempire lo stomaco
Se conoscete qualche leonfortese doc fate in modo che vi inviti a pranzo, facendovi preparare piatti tipici del posto. Potreste iniziare con un antipasto a base di “alivi cunsati” con aglio, origano e peperoncino rosso con un contorno di “smuzzature affucateddi” o di “carduna fritti”. Per primo un buon piatto di maccheroni con “finucchieddi ri campagna”, magari con un assaggio di “frascatula”, polenta di farina di grani; in alternativa un buon piatto di pasta con la “fava larga” di Leonforte ( famosa in tutto il mondo), se le fave sono fresche oppure “pasta co maccu” se sono essiccate, o “fava a maccu”. Per secondo delle buone costate di maiale, ingrassato, magari, con “favi di pughia”. Oppure se è periodo, un bel pezzo di “sausizza pasqualora”, di quella, preparata a febbraio e fatta “vintiari” per essere pronta da mangiare giusto per il periodo pasquale. Il tutto con pane casereccio e “fruati cunsati” con olio e “sardi” salati innaffiato con dei buoni bicchieri di vino. Infine, per il dolce fatevi procurare i “picciddati di natali” gustoso dolce a base di mandorle sgusciate e fichi secchi. Magari con un po’ di “mostarda di ficurinni”, cannoli ca ricotta”, “sfingi” e “pagnuccata”. Per frutta, sempre se è periodo, l’ottima pesca a polpa dura di Leonforte, possibilmente affettata ed immersa in un buon bicchiere di vino.
Appuntamenti annuali
Festa di San Giuseppe
Tradizione, devozione, fede e folklore sono le componenti delle “Tavolate di San Giuseppe” : “artara” addobbati e riccamente imbanditi di tutte le primizie, dolci, frutta e “pane lavorato”, allestiti per voto da alcune famiglie. Dal pomeriggio del 18, per tutta la notte, fino al giorno dopo si visitano le tavolate.
Settimana Santa
Domenica delle Palme ( Parrocchia Santo Stefano) “A Ramaliva”. Processione e rappresentazione sacra in costume che ricorda l’entrata di Gesù a Gerusalemme. Particolarmente suggestive sono le funzioni religiose della Settimana Santa ed in particolare quella del “Venerdì Santo”. Le confraternite portano a spalla in processione “ U mulimentu” ( urna col Cristo morto) e la statua della Madonna Addolorata; gli anziani del paese intonano “ u lamientu” (canto doloroso), lungo le strade, al passaggio dell’Urna vengono accese le “luminarie” (cioè cataste di fascine di legna e paglia).
13 Giugno –Festa di S. Antonio da Padova
Particolare importanza riveste la fiera del mercato che si svolge dall’11 al 13 giugno.
Agosto Leonfortese
Per tutto il periodo sono organizzate dall’Amministrazione Comunale varie manifestazioni (canore, sportive, musicali, folkloristiche). Particolare importanza assume il Premio Letterario (concorso di Poesia, Narrativa e Saggistica) di rilevanza nazionale.
16 Agosto –Festa del Santo Patrono ( Madonna del Carmelo)
Tradizionalmente abbinata al Ferragosto con fiera mercato dal 13 al 16 agosto.
Prima domenica di Ottobre: Sagra del Pesco
Mostra mercato della pesca tardiva settembrina produzione caratteristica della zona, con Concorso Nazionale di Pittura Estemporanea su tema. E’ possibile la degustazione gratuita delle pesche e l’acquisto di prodotti tipici leonfortensi (fave larghe, pane casereccio, “fruati”, vino cotto, mostarda di fichi d’india e miele). A cura del Pro Loco e di altre associazioni vengono allestite mostre fotografiche, mostre della civiltà contadina e dell’artigianato locale.
Seconda domenica di Ottobre: Festa della Madonna della Catena
La festa richiama un gran numero di fedeli che in pellegrinaggio giungono anche dai paesi vicini. Assaggio di caldarroste e salsicce. Concorso Voci Nuove e fiera del bestiame.