La Sicilia nel tempo del governo dei tecnici

Torniamo a confrontarci con i governi dei tecnici, alla ricerca del contributo che si richiede ai cittadini, agli imprenditori, agli amministratori locali, richiamati a Palermo dal Cardinale Paolo Romeo, per contribuire ad uscire dalla crisi etica ed economica.

Gli storici, se troveranno il tempo, scriveranno dell’esperimento di tali governi in Italia, dopo il primo decennio del terzo millennio.

Non sappiamo se partiranno dalla Sicilia, la regione in cui i cittadini sembrano non accorgersi che sono governati da una squadra di tecnici, ormai da alcuni anni, mentre infuria la tempesta della cassa integrazione, della chiusura delle grandi e piccole imprese, (15 mila in Sicilia in un anno nel commercio, artigianato, nell’industria).

Appare fragile il governo dei tecnici e la maggioranza che l’ha sostenuto. La decisione dell’UDC di questi giorni del ritiro dell’Assessore Piraino, è stimolo a pervenire, come auspica il coordinatore regionale sen. D’Alia ad un governo con un marcato progetto politico di  misure anticrisi, di rilancio, di crescita, di unitaria volontà legislativa e proposta da fare al Governo nazionale, con l’ apporto non secondario delle forze politiche disponibili, alle quali si chiedono decisioni sulle alleanze per le amministrative.

Ancora una volta i futuri storici parleranno, comunque, del laboratorio politico dell’Isola, di pionierismo, di trovata e di ricerca di cambiamento gattopardesco, di fumose relazioni interpartitiche.

Se scriveranno anche di parziale fallimento dell’esperimento, sarà per non avere attribuito i giusti valori di eticità condivisa alla politica, per non avere programmato  piattaforme progettuali sulle infrastrutture essenziali, sulle opere incompiute, sugli interventi per la scuola, l’università, la formazione professionale la sanità, l’ambiente, per non avere facilitato i giovani a “fare impresa” ed i capitali ed i risparmi ad essere investiti nell’Isola, per non avere trasferito maggiori attività (imprese, servizi) ai privati, per non avere legiferato e promosso misure e stimoli contro una economia stagnante ed una burocrazia farraginosa.

Investire in cultura e formazione è la premessa essenziale per le future prospettive occupazionali. Lo richiedono il mercato del lavoro, i beni culturali (musei, parchi, riserve, orti botanici, archivi, siti archeologici, spesso senza custodi, chiese e palazzi da restaurare), tante volte non fruibili, le imprese artigiane ed i servizi necessari al turismo, oggi non sempre di qualità, le strutture sanitarie, le eccellenti produzioni agricole invendibili per carenze consortili e condizionamenti  nei trasporti.

Mai, in passato, la formazione dei lavoratori ha registrato il pieno della cassa integrazione e la dispersione del suo potenziale formativo e professionale, come negli ultimi due anni anche per incertezze gestionali e ritardi nei finanziamenti.

Mentre adeguare la burocrazia a quella europea, come il procedere alle liberalizzazioni puo’ essere una occasione per crescere in credibilità presso  governi ed imprenditori e non puntare tutto sulle competenze e commesse statali.

E poi, nei riguardi del governo nazionale, non  sono noti gli  interventi della Regione sull’Eni, la Fincantieri, il ministero del lavoro e della ricerca, mentrela Fiatlascia in cassa integrazione gli operai di Termini Imerese affidandoli ad imprese attendiste, le scuole di Palermo  chiudono per ripetuti atti vandalici,  ed i treni del Sud non raggiungono le città del Nord, neppure nelle ore notturne ad essi prima riservati.

Sulle accise, poi, che possono ascriversi alle risorse finanziarie per il bilancio e che spettano per Statuto alla Sicilia, non si intravede una mobilitazione  di tutte le forze politiche e sindacali, nonostante una legge ne normi la riscossione.

Le proposte, per restituire alla Regione le risorse spettantele per Statuto, sono state evidenziate nel recente incontro Stato-Regioni, a partire dalle accise sia per una piccola parte (20%) dell’enorme quantità dei prodotti petroliferi lavorati nelle raffinerie siciliane (circa il 45% dell’intera produzione nazionale), sia per quelle relative ai consumi dei carburanti nel territorio regionale, cos’ come tra l’altro previsto da una specifica legge approvata all’ARS nei giorni scorsi.

Solo presentando e incarnando simili  e più articolate istanze, il governo regionale, ove veramente tecnico, può rappresentare l’alterego del governo nazionale, senza che si confermi la “sospensione” della politica, così come si presenta, ai maliziosi osservatori, nel quadro nazionale.

Scola, il Cardinale di Milano nei giorni scorsi ha affermato: ”urge liberare la ragione economica-finanziaria dalla gabbia di una razionalità tecnocratica e individualista”.

Criticando il passato internazionale europeista dimenticato e le tentazioni individualiste della democrazia dell’ultimo decennio, quasi un annuncio di un domani in cui si ritorni alla politica.

In altre parole è da considerare innovazione (anche se temporanea) o involuzione della politica, l’affidamento temporaneo del  governo ai tecnici?

Smorza, di fatto, entusiasmi e non provoca corale stima e partecipazione, se gli  attesi provvedimenti saranno ancora senza etica ed equità e senza efficienza, tempismo risolutivo, attenzione alla persona umana ed alla famiglia, alle aziende, al lavoro, alle risorse ed alle occasioni  sprecate.

Sono i temi cari al cardinale Paolo Romeo che da Palermo risottolinea agli Amministratori degli Enti Locali.

In Sicilia si devono ancora  applicare e rendere operativa  la legge 22 del 2008 e la legge 6 del 2011, che ha voluto  Lombardo ma che stentano a rendere i necessari servizi  alle famiglie, alle scuole, all’igiene, ai quartieri delle città Metropolitane.

E’ certo che nell’Isola ed ancora più marcatamente a Roma, i governi tecnici sono nati  in un momento di buio partitico  o politico, cioè nel momento della massima disaffezione dei  cittadini alla politica stessa  e sotto il precipitare della crisi economica.

E perdura il  disincanto ed il  distacco della società dagli eletti nelle istituzioni, comunque da recuperare, effetto  di un sistema e di una legge elettorale, che esclude  reale partecipazione e rispondenza degli eletti ai bisogni del territorio e della popolazione.

Deve essere, pertanto, obiettivo comune e non secondario anche dei governi tecnici, migliorare le regole della partecipazione e della gestione della “res pubblica”,con il sistema dell’elettività, rappresentando efficacemente  valori comuni e condivisi, esigenze di miglioramento e benefici a vantaggio di tutta la collettività: tutela dell’ambiente e della salute, valorizzazione dei beni culturali e delle risorse naturali e paesaggistiche, benessere economico e non, pari trattamento ed inclusione, istruzione, cultura e formazione, sicurezza e lavoro, celerità nelle risposte al cittadino, anche in quelle giudiziarie, trasparenza e correttezza nella gestione e nella realizzazione delle opere e dei servizi utili all’economia, ai trasporti, ai commerci e allo sviluppo dei territori, correttezza e trasparenza dei conti pubblici nella visione strategica di combattere le sperequazioni territoriali Nod- Sud.

Non serve semplice accordo  di una maggioranza  su un tema o un problema o un finanziamento, ma compartecipazione ad avviare le riforme, che  possano accompagnare la crescita  giusta e per tutto il Paese.

Il Governatore della Sicilia, Lombardo, ha scritto a Monti di non cancellare gli interventi per il ponte sullo stretto, mentre la Sicilia per il ruolo di sottosegretari, e  per istituzioni di rilievo, tra cooptazioni e giuste segnalazioni ha offerto al presidente del Consiglio Monti: Cardinale, Mazzamuto, Pitruzzella. Saranno più presenti di Miccichè?

Quest’ultimo, con il partito del Sud, si avvicina a Lombardo ed il Governatore rivendica il  Ponte sullo stretto, l’unica grande opera che può lasciare trecce nella storia.

La favola elettorale per molte generazioni  si  racconterà ai bambini: c’era una volta, al tempo di Berlusconi e di Lombardo, il ponte e prima ancora ne avevano parlato tutti i governanti, anche nella prima Repubblica.

Non il ponte quello che conta,  ma è l’idea del ponte che fa sognare. I due Governi tecnici di Roma e di Palermo dovrebbero ora compenetrarsi sulla realtà, atterrare, scendere dai ponti aerei dei sogni e verificare con realismo esigenze, risorse umane e naturali, priorità.

Essere obiettivi e intervenire. E non domani, ma oggi quando si studiano le manovre per la crescita, per l’uscita dalla crisi. La Sicilia non gode solo del primato della povertà, della disoccupazione, della criminalità, degli alti stipendi e delle pensioni giovani, ma altri sono i primati negativi nel suo bilancio, criticato dai mass media per sprechi di risorse, e non ancora approvato.

Senza falso sicilianismo, accanto ai grandi crimini, siamo la Regione che ha dato al Paese, nella storia della Repubblica il più alto numero di eroi civili, che si sono battuti per la legalità ed il servizio allo Stato ed alla causa del lavoro.

Il suo Parlamento ha la dignità delle realtà venerabili e non vorremmo che rappresentasse la politica di nobili decaduti e non propositivi, che non sa corrispondere alle richieste del Parlamento nazionale, che ha fissato il numero dei parlamentari regionali, in cinquanta, corrispondendo con ciò ad una visione unitaria delle  rappresentanze regionali.

Non cinquanta, ma settanta la risposta dell’ARS, ammantata di autonomismo, difficilmente comprensibile quando il Paese ha desiderio di gesti ed atti di prontezza solidaristica e non per l’anti-politica o per il federalismo, ma per la spesa, il risparmio, per l’efficienza  che si richiede alle assemblee legislative, a tutte le regioni, per partecipare ed utilizzare le  risorse che l’Europa mette a disposizione delle aree del Sud e dei diversi territori, così da potere  superarne arretratezze o  squilibri sociali, senza remore e sospetto di essere spreconi.

Occorre conquistare credibilità, fiducia, presso il Governo nazionale  e presso l’opinione pubblica e comunque, indicare l’apporto chela Regioneritenga di offrire al Paese per uscire “assieme” dalla crisi, la collaborazione al Governo nazionale  dei tecnici  per  contribuire alla sfida, che ha accettato, utilizzando le risorse dell’intero paese per la crescita e per consolidare le strutture politiche dell’Europa in cui i Siciliani hanno creduto.

Il Governo Lombardo gode, in Sicilia, da alcuni anni, del sostegno dei moderati  del centro e di larga parte dei partiti di sinistra, delle forze più convinte a sostenere il Governo nazionale dei tecnici, che si fonda quindi  sulla fiducia di tutte le grandi  forze del Paese.

Se dovesse restare il Governo-tecnico, quello siciliano, anche con qualche politico, e comunque con una visione politica più smaccata, che si  identifichi con i bisogni e le proposte largamente condivise, non si potrebbe cercare anche in Sicilia una similare larga partecipazione, anche con parti del PDL e del PD ?  E’ propizia l’ora per rappresentare, con generosa responsabilità e senso unitario, l’apporto chela Siciliapuò e si appresta a fornire, per la sua strategica posizione, nel mediterraneo a vantaggio dell’Europa,  specie nel difficile momento della  crisi internazionale.

Ed intanto le risorse della Comunità Europea spettanti alla Sicilia  non sono, pienamente,  utilizzate nei tempi fissati dalle vigenti normative, mentre si preparano i nuovi piani pluriennali  per l’agricoltura, la ricerca, ed i corridoi infrastrutturali, come quello Berlino -Palermo, rischiano di essere  dirottati ad est.

Nè  è possibile accettare che i  treni del Sud debbano fermarsi a Roma per i cittadini dell’Italia unita, così come per gli stranieri del turismo internazionale popolare, che non conosce solo le crociere e ricerca il trasporto pubblico meno costoso.

I Siciliani non vogliono solo concorrerre ad accrescere le tasse sulla loro povertà (l’Irpef e l’Ici o l’Imu). Qui, sulla base degli indici denunciati dalla Caritas  regionale: “La povertà che è cresciuta e “il 27% delle famiglie vive in condizione di povertà, un dato cresciuto di 2,8 punti in un solo anno, mentre la media italiana è dell’11% e del 23 nel Mezzogiorno.

Vi sono padri e madri, che non riescono a riscaldare la casa (28,3%), che si troverebbero  nei guai se dovessero sostenere spese impreviste (48,6%), che addirittura non riescono a fare un pasto adeguato (11%). E’ il volto della crisi disegnato dalle Caritas Siciliane, riunite a Palermo.

Le proposte per nuovi finanziamenti alla Regione sono state evidenziate nell’incontro Stato-Regioni ma ci sono diritti statutari,come le accise per le raffinerie, richieste, sulla base dello Statuto, da una proposta di legge approvata all’ARS nei giorni scorsi.

La Sicilia vuole contribuire, all’uscita dalla crisi, con tutte  le sue risorse umane, con i suoi disoccupati da record negativi, con le sue coordinate:naturali, geografiche monumentali, culturali, finanziarie, con i suoi risparmi, con le sue risorse  universitarie, fornite anche al governo Monti.

La ripresa della crescita del Paese e dell’Europa non può essere pensata senzala Sicilia ed il Sud Mediterraneo.

La politica energetica e la rete del gas nell’area del mediterraneo passa dalla Sicilia e la nuova Snam non dovrà essere presente nella sua riorganizzazione programmatica nell’Isola?

I degassificatori sono ritardati dai procedimenti burocratici, ma cosa si attende per deliberare in merito e procedere alla loro realizzazione ?

Il potenziamento dei porti industriali e di quelli da diporto ,turistici e pescherecci, come degli aeroporti dell’Isola e la loro internazionalizzazione non chiedono  specifici interventi?

Lo spostamento dal Nord al Sud delle infrastrutture militari (caserme ecc), residui della prima grande guerra, è un atto che spetta al governo dei tecnici.

Birgi, con i suoi spazi aeroportuali non depotenziati, e l’area di Comiso, possono  servire a tale riduzione di spese e ad accogliere a Trapani e Ragusa, strutture militari localizzate sulle frontiere con l’Austria.

Per questo siamo tra i più convinti europeisti e ci sentiamo corresponsabili per il superamento della crisi in cui si è imbattuta l’Europa, ricordando che il separatismo ha rischiato di consegnarela Sicilia al banditismo ed alla mafia.

Queste ed altre aspirazioni vengano prospettate al Governo Monti. Non difendiamo una Regione, ma un Paese per crescere con l’Europa, come ricorda Napolitano, con le sue forze del lavoro, giovani e donne, con le sue risorse umane e le potenzialità creative nei settori di impegno professionale ed aziendale, se liberati dai condizionamenti storici, segnati, a volte da assenza del Governo centrale.

Per questo abbiamo accolto con attenzione il provvedimento per l’assunzione dei giovani e delle donne disoccupate, comunicato tra le prime azioni innovative sul piano del lavoro da parte del Governo nazionale dei tecnici ed attendiamo dal governatore Lombardo una proposta politica, trasparente e libera da condizionamenti pre-elettorali, che dia fiducia alle Aziende, agli operatori turistici e commerciali, agli investitori, ai giovani ricercatori, ai precari, a quanti sono impegnati nei centri e nelle agenzie formative, non per impinguarela CassaIntegrazione  ma per potenziare le capacità professionali delle nuove generazioni.

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