Le Terre del Tataratà

Chi pensa che il Tataratà sia soltanto una danza moresca si sbaglia di grosso. Anzi: dico di più! Non è solo ballo, ma anche una caratteristica salsa da utilizzare come condimento per i seducenti e sicilianissimi spaghetti.

La ricetta, apparsa per la prima volta su di un libro di Pino Correnti “Il libro d’oro della cucina e dei vini di Sicilia”, edizione 1976, a detta dell’autore è stata trovata nei dintorni di Scicli, dove ancora persiste la danza moresca nella rituale festa di Maria Santissima delle Milizie. “La moresca, perdendo il suo nome primitivo, è trasmigrata da tempo prendendo il nome di “Tataratà” a Casteltermini.

Ma la parola originale sciclitana, curiosa oasi linguistica nel comprensorio dell’antica Contea di Modica, è Tataratà: ricorda lo scontro fra i saraceni dell’Emiro Bécane e i Cristiani del Conte Ruggero, e significa “scontro” “grande confusione” e per antonomasia passò, oltre che come ballo, anche come salsa”.
Ed in termini gastronomici si tratta di un vero e proprio scontro di profumi e di sapori dolci e aspri, che esaltano il palato.

Come per tutte le ricette conosciamo gli ingredienti (5 persone)

  • 600 g di spaghetti n. 1
  • 50 g di fettine di bottarga di tonno
  • 4 acciughe salate
  • 1 peperoncino
  • 80 g di mollica di pane grattugiata abbrustolita
  • sugo di ½ limone
  • sugo di ½ arancia
  • 20 g di zucchero
  • un odore di cannella
  • 1 cucchiaio d’aceto bianco
  • 35 g di pinoli
  • 50 g di olio d’oliva
  • sale q.b.

“Pestate in un mortaio le fettine di bottarga di tonno, filetti d’acciuga salata, pangrattato tostato, prezzemolo, pinoli e peperoncino. L’impasto dovrà essere bagnato con una cucchiaiata d’aceto dove è stato sciolto lo zucchero, e poi, passato al setaccio è reso fluido con succo d’arancia e limone, profumo di cannella pestata ad un filino d’olio”. Successivamente, conditi sugli spaghetti, doverosamente “cotti al dente”.

E’ facile asserire che il piatto è la piena espressione della cucina araba, anzi si tratta di un vero ambientamento culturale. Gli ingredienti, compresi gli spaghetti, hanno origini islamica, soprattutto, la consuetudine di legare l’aceto allo zucchero in quella miscela all’agrodolce di cui la nostra cucina siciliana è la regina, condimento preferito dello Stupor mundi, Federico II, che ne andava ghiotto.

Il piatto è abbastanza forte e riesce a mettere vigore ed energia. Ricetta indicata per i danzatori castelterminesi del Tataratà, capaci nell’ultima domenica di Maggio, quando il sole incomincia a far sentire il suo calore, ad inchiodarti ad assistere ad uno spettacolo unico al mondo costituito da una sfilata di dame e cavalieri in costumi d’epoca, seguito da un aggrovigliamento di suoni di tamburo, urla, imprecazioni e scintillii di scimitarre. Abili giovanotti si attorcigliano in configurazioni quasi a simulare un combattimento che è nello stesso tempo lotta, ballo, ma anche grande attaccamento ad una terra, difficile, ma facile d’amare.

Due magnifiche cittadine siciliane legate a doppio filo da una danza moresca e da una accattivante salsa vero trionfo della cultura alimentare Mediterranea: la sicana Casteltermini, posta sull’asse viario Palermo Agrigento e la sicula Scicli, all’estremo limite meridionale dell’isola, tornata alla ribalta per essere stata scelta per ambientare alcune scene del personaggio di Andrea Camilleri, il commissario Salvo Montalbano. Dimenticavo! E’ d’obbligo accompagnare questo prelibato piatto con un buon vino rosso rigorosamente siciliano.

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