Ritorna sulle tavole l’antico fagiolo di Scicli

«È la più bella città che abbiamo mai vista. Più di Piazza Armerina. Più di Caltagirone. Più di Ragusa, e più di Nicosia, e più di Enna… Forse è la più bella di tutte le città del mondo. E la gente è contenta nelle città che sono belle…».

Chi scrive queste parole è Elio Vittorini e la città di cui parla è Scicli, negli Iblei. E stupenda lo è veramente, uno splendido esempio di tardo barocco iscritto nella lista del Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco.

L’economia di Scicli si fonda quasi totalmente sull’agricoltura intensiva, come tutta la pianura ragusana, le cui primizie orticole hanno fatto la fortuna di questa provincia, la più ricca dell’isola. E ancora agrumi, olio, carrube, vino, mandorle, coltivati in campi delimitati da file ordinate e infinite di muretti a secco che ricamano tutto l’altipiano degli Iblei. Accanto alle colture più ricche, un gruppo di agricoltori sciclitani ha custodito anche un piccolo fagiolo che da alcune settimane è un Presidio Slow Food.

È il fagiolo cosaruciaru (in dialetto locale “cosa dolce”), si riconosce per via del suo colore bianco-panna con piccole screziature marrone -rossiccio alla base dell’ilo. La sua coltivazione risale all’inizio del ‘900 , quando il cosaruciaru, detto anche “casola cosaruciara”, aveva il suo peso nell’economia agricola locale. Poi le primizie hanno scacciato molte delle produzioni legate all’agricoltura più povera, che era la base della cucina del tempo. Qualche anziano ha conservato però il cosaruciaru nell’orto, per sè. Con l’aiuto dei tecnici dell’Assessorato delle Risorse Agricole e Alimentari della Regione Sicilia e dell’Ente di Sviluppo Agricolo, che lavorano nella locale Soat di Scicli, una decina di loro ha fondato un’associazione e sottoscritto un disciplinare di produzione che prevede una coltivazione secondo le pratiche tradizionali, in pieno campo.

Il 4 maggio scorso è stato inaugurato il Presidio alla presenza di un padrino del tutto speciale, che alcuni anni fa, aveva richiamato l’attenzione degli agronomi locali su questo piccolo legume. Marcello Perracchio è un attore teatrale e televisivo – molti lo conosceranno nei panni del dottor Pasquano, il medico legale della serie “Il Commissario Montalbano”, girato sostanzialmente a Scicli e dintorni – e nel suo intervento ha raccontato il suo legame con questa tradizione gastronomica citando i piatti della sua infanzia che la madre cucinava proprio con il casaruciaru. Fagioli che poi vendeva nel negozio di generi alimentari. Al tempo un’area speciale, le cannavate, terreni alluvionali, freschi e permeabili, localizzati lungo il torrente Modica-Scicli erano destinati proprio al cosaruciaru. I coltivatori – detti ciumarari, da ciume (fiume in siciliano) – nel periodo del raccolto lo portavano in città sui carrettini e lo vendevano ai negozianti locali spuntando un buon prezzo.

Per assaggiarlo si dovrà però attendere il Salone del Gusto di Torino (25-29 ottobre), dove i produttori presenteranno il Presidio e la rinata coltivazione del cosaruciaru.

Fonte: Slow Food

Redazione

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