Quando il pane si faceva nero non per gusto, ma per necessità

Vi prego non chiamatelo più “pane nero di Castelvetrano” o “Nero delle Madonie” o con altri centinaia di nomi, ma semplicemente “pane di Tumilia o Tumminia di Sicilia”. Questa varietà di grano è dei contadini siciliani, a loro va dato il merito d’averla saputo conservare e migliorare, dopo che l’Unione europea l’aveva declassata non considerandola meritoria del premio comunitario, e lasciata a marcire tra i ricordi di una malaugurata povertà di un tempo.

La storia della Timilia

Il “pane nero”, ricordato per la sua colorazione scura è realizzato, oggi come allora, con una varietà di grano: la Timilia, Tumilia, Tumminia, (Triticum durum var. affine), un tempo diffuso in tutta l’isola e considerato un frumento di secondaria importanza.

La sua origine è antichissima. Era conosciuto al tempo dei Greci con il nome di Trimeniaios, agli ellenici si deve l’introduzione di questa varietà di frumento nel territorio siciliano. In epoca romana era conosciuto, come riferisce Columella, con il nome di Trimestre, e veniva utilizzato come cereale di ripiego per la semina primaverile. Orazio Cancilla asserisce, che intorno al 1500 “per la fabbricazione del pane bianco, che si consumava nelle città, si usava la majorca, per la panificazione popolare si usava “il forte (frumento duro), mentre per la preparazione della pasta si preferiva la tumminia, uso che perdurò fino al XVIII secolo”. Ancora un documento del 1597 prova la presenza della Timilia nelle aree intorno di Grammichele: […] Diego Angelica rivela haver raccolto diverse genere et quantità suo proprio fondo […] salme venticinque fromenti forti […] et ancora rivela havere raccolto in detto anno […] salme diciassette […] Diminia […] (Archivio storico del comune di Grammichele – Rivelo Frumentario – anno 1597). In altre opere più famose Goethe, nel suo viaggio in Sicilia nell’anno 1787, descrive alcuni campi di Timilia, e ne rimane sorpreso per la bellezza.

Niccolò Palmeri e Carlo Somma nell’”Opere edite et inedite” del 1883, riferisce:  “Nessuna delle città siciliane ebbe tanto a soffrire quanto Lentini, esposta alle correrie ed a’ replicati assedi di don Artale Alagona. Erasi in quell’epoca e per quella guerra (assedio di Lentini nella guerra dei 90’anni 1282-1372) introdotta la coltivazione del grano marzuolo, che allora diceasi Diminia; perché, venendo in maturità in minor tempo degli altri frumenti, credeano gli agricoltori di correre meno pericolo. Pure ciò nulla giovò a’ Lentinesi nell’aprile del 1359. Venutovi l’Alagona fece mietere tutte le biade, tagliar tutte le vigne e gli alberi di quegli ubertosissimi campi e trovato il grano marzuolo ancora in erba, vi fece pascere il bestiame, finché ridusse il suolo affatto nudo. […]

Ecco un altro documento del 1880 che fungeva da prezziario nel comune di Mineo che doveva essere la base per le compravendite e che prova la presenza di alcune varietà locali. […] Farro di prima qualità onze 5 e 24 grane a salma. Triminia di prima qualità onze 5 e 16 grane a salma. Majorca di prima qualità onze 4 e 26 grane a salma. Francisa di prima qualità onze 5 e 60 grane a salma. Scursunera di prima qualità onze 5 e 80 grane a salma. Farro Gigante di prima qualità onze 5 e 25 grane a salma. Realforte prima qualità onze 5 e 24 grane a salma […] (Archivio storico del comune di Mineo – Prezziario del 1880). Dall’esame dei prezzi si nota il valore attribuito alla Timilia, che rispetto alle altre sementi, è inferiore.Interessante è il lavoro del Dr. Giuseppe Sesti – I frumenti siciliani – del 1914, nella sua disamina dei grani siciliani racconta da avere prelevato dei campioni di Timilia, per l’attività di analisi” nei territori di Carlentini e Lentini (prov. di Siracusa). Ed ancora:” L’analisi delle ceneri ha poi dimostrato un dato saliente nel quantitativo di anidride fosforica sottratto ai terreni con la coltivazione della Timilia, fattore per noi importante, tenuto presente che il grano marzuolo, nell’avvicendamento agrario siciliano, succede quasi sempre allo stoppiaro di un grano invernengo, costituendo un ringrano”.

Lo studioso U. De Cillis, nella sua raccolta dei frumenti duri coltivati nelle aree interne del Mezzogiorno (1920), annovera anche la “Triminia (sin. Marzuolo, Timilia, Tumminia, Tuminia, Riminìa, Napoletana). Materiale pubblicato dalla Stazione di Granicoltura di Acireale qualche decennio successivo.

L’ingegnere Prof. Ernesto Ascione, ordinario nella Scuola di Applicazione per gli insegnati di Palermo nell’Estratto della Rivista L’Industria – 1921 – Vol. XXXV – n. 3 L’Industria granaria in Sicilia, elenca le “varietà ed i siti di coltivazione” dei grani siciliani, riguardo la Timilia indica i territori dov’è coltivata: Partinico, S. Giuseppe Iato, Valledolmo, Camporeale, Grottacalda e Siculiana.

Nel 1925 Garola C. V. e Lavallée P., secondo quanto riportato nell’ Enciclopedie Agricole nella sezione dedicata ai cereali, classificano la “Trimenia barbu de Sicile” tra i frumenti duri adatti per i paesi caldi e secchi. All’inizio del secolo la Timilia era enormemente diffusa nelle regioni meridionali italiane. Infatti nel 1914 il Ministero di Agricoltura Industria e Commercio in una pubblicazione dal titolo “Il frumento in Italia” riportando il prezzo medio mensile di ciascun mercato italiano indica per il mercato di Palermo tre tipi di grano: Realforte, Sammartinara e Timilia; mentre per il mercato di Catania indica solo due categorie “per pasta” e Timilia.  Da un’analisi dei prezzi medi delle singole “qualità” negli anni 1912 e 1913 la Timilia di Catania e di Palermo spunta prezzi maggiori rispetto alle varietà di frumento duro più rinomate quali “Taganrog” o “Nord Americá”. Nel 1930 G. Bufalino riporta la Timilia come unico grano marzuolo (seminato a marzo), caratterizzato da una notevole resistenza alla siccità. Bufalino G., riferisce che questo biotipo di frumento utilizzato nella classica rotazione, (maggese, frumento vernino, frumento primaverile od orzo, riposo pascolativo) si coltivava su ringrano e spesso veniva utilizzato come coltura miglioratrice.

La Timilia il grano della Provvidenza

Nei periodi invernali quando le piogge abbondanti non permettevano la semina degli altri frumenti, si ricorreva alla Timilia che poteva essere seminata in Gennaio nelle zone marittime ed in Marzo nelle zone collinari. Nella prima metà del secolo, dunque, la coltivazione di questo biotipo raggiunse in Sicilia, una notevole diffusione grazie all’adattamento alle più disparate condizioni ambientali.

I programmi di miglioramento genetico avviati all’inizio degli anni 30 dal prof. U. De Cillis presso la Stazione di Granicoltura per la Sicilia hanno condotto alla selezione di due varietà di Timilia denominate Timilia S. G. 1 a reste nere e Timilia S.G.2 a reste bianche (U. De Cillis, 1939 e Angelini, 1965). Nella pubblicazione “Progressi conseguiti in Italia durante gli anni XV e XVI nellacerealicoltura fascista” (1939); Crescini F. riferisce i risultati ottenuti dalla Stazione sperimentale di Granicoltura per la Sicilia affermando che da “selezioni, attuate in popolazioni locali di grani duri, ed incroci di forme locali-dure e tenere ed estere, si siano ottenute il Russello S.G.7, duro autunnale, e le Timilie S.G.I e S.G.2, duri marzuoli. Le Timilie S.G.1 e S.G.2 hanno, sulla popolazione originaria, produttività e resistenza all’alidore (siccità) esaltate”.

La dott.ssa Bianca Casale (1956) riporta la seguente descrizione delle due varietà di Timilia: “La Timilia, da cui la Stazione ha già ricavato due selezioni di cui una a reste nere (S.G.1) e l’altra a reste bianche (S.G.2), è un frumento con cariosside molto scura, coltivato ed apprezzato dagli agricoltori per caratteristiche tutte proprie e perché adatto alle semine primaverili cui spesso si è obbligati a ricorrere per autunni troppo piovosi che non consentono la tempestiva preparazione del terreno per la semina con varietà autunnali.

Si ricorre a questa varietà frequentemente per risemine tardive quando le autunnali, per condizioni sfavorevoli (difetto di scolo delle acque) sono andate a male.

Inoltre è un frumento resistente al secco, alla stretta, alle ruggini e permette una produzione soddisfacente anche con decorsi primaverili non favorevoli; infine è un frumento ricco di glutine che mantiene anche una discreta forza, si da essere frequentemente adoperato per la pastificazione da solo o in miscela con altri duri per migliorarne la qualità.”

Pane, emblema della povertà

Un anonimo poetastro siciliano degli Erei declama che: “Pi Santu Niria ‘u viddanu siminatu l’avia, ma a tumminia”, cioè, per Sant’Andrea (30 novembre) si può seminare solamente un tipo di grano: la tumminia.

La Timilia o Tumminia è una varietà di grano duro a ciclo breve, detto anche grano marzuolo, perché poteva essere seminato fino a marzo. Il suo utilizzo era di ripiego, quando le annate piovose o la siccità, non consentivano la semina nel periodo autunnale, oppure come ringrano. La Provvidenza aveva dato ai nostri contadini l’alternativa di coltivare un grano con un ciclo breve, che dava una farina alquanto strana. Infatti, aveva una cariosside più piccola del triticum sativum ed inoltre era scura, dolciastra e con una bassa resa. Un vero dramma per i contadini e per gli estimatori del pane. Difficilmente capitava che le massaie realizzassero pane di sola farina di Tumilia, anzi, nei casi di mala annata, effettuavano un miscuglio di farina: grano tumilia e grano biondo, che consentiva di ottenere un prodotto più commestibile e nel contempo di liberarsi della farina “nivura”; quando non erano in grado di garantire il miscuglio invitavano i propri familiari ad andare a prelevare il pane, nei forni del quartiere, alla fine della giornata, per evitare che la famiglia potesse mostrare segni di difficoltà economica. La stessa considerazione per il grano di Tummilia si manifestava per la preparazione dei pani votivi di S. Giuseppe, poiché la farina doveva essere di grano biondo, quella nera cagionava malumore al santo della Provvidenza.

Gli stessi commercianti pagavano la Timilia ad un prezzo inferiore, in quanto poco ricercato e di difficile utilizzazione.

A rafforzare che la Timilia era un grano secondario e di accomodo ci viene incontro un singolare proverbio raccolto da Irene Faro: “Megghiu nivuru pani ca nivura fami”.

Alcune donne utilizzavano la Timilia per preparare i dolci di Natale, risparmiando così, un’altra varietà di grano molta più costosa: la Maiorca.Questa coltivazione era presente in tutta la Sicilia granaria, infatti, la Timilia è conosciuta in tutti gli angoli più sperduti dell’isola, e non solo. Questo grano ha sfamato intere popolazioni dell’intero Mediterraneo. Lo studioso Cavalier Bellini, qualche secolo passato, sollecitava l’allora Governo a sostituire la coltivazione del grano marzuolo con la coltivazione di patate “coltura che con un ettaro risulterebbe capace di nutrire nove o dieci mila individui, mentre, con la stessa superficie investita a grano marzuolo solamente milleduecentocinquanta persone”.

Con l’introduzione delle nuove varietà più produttive e rispondenti alla richiesta del mercato, la Tumilia fu messa nel dimenticatoio e lasciata a qualche nostalgico la coltivazione di questo grano povero. Una testimonianza ci perviene anche da Anna Pomar “L’isola dei sapori” pag. 22, la quale scrive: “A Valledolmo mi è capitato di assaggiare un pane fatto con una farina scura che chiamano tumminia di sapore leggermente dolce, gradevolissimo”.  La pubblicazione del libro risale al 1992.

Alberto Denti di Piraino fa menzione di ottanta tipi di pane, tra cui il “pane nero”, “meglio conosciuto con nome di “municipale” venduto a pistulone o a guastidduna da uno o due chili”.

Il pane nero di Sicilia

E allora? Non chiamatelo più “pane nero di … ”, bensì, “pane nero di Sicilia”. Ai castelvetranesi va riconosciuto il sistema di lavorazione, in quanto la farina è ottenuta con la molitura a pietra, l’uso del “crescenti”, cioè lievito naturale, tanto conosciuto ed apprezzato dalle nostre nonne, e la cottura nei forni a legna e l’utilizzo di una miscela di due varietà di grano la Tunmminia ed il Russello, quest’ultima coltivata fino a qualche decennio addietro.

L’impasto è realizzato con semola, lievito naturale (biga, impasto acidificato residuo del giorno prima) ed acqua (circa 50% rispetto alla semola). Al termine dell’impasto segue un periodo di riposo di circa un’ora, la spezzatura e formatura manuale ed una ulteriore fase di lievitazione di altri 60 minuti.

Questo pane, è stato oggetto di un’attività di promozione, che ha visto riunire i pochi panificatori che oggi lo producono, nel Consorzio Panificatori “Pane nero di Castelvetrano”. A sostenere l’iniziativa, ha provveduto la Regione Siciliana si prefigge con lo scopo di tutelare la produzione di pane per mezzo dell’ottenimento delle deroghe necessarie per l’utilizzo degli strumenti tradizionali, nonché di valorizzare e promuovere il prodotto. L’uso del crescenti mantiene il pane morbido per parecchi giorni, d’altronde, la “grazia di Dio” si faceva una volta alla settimana. Il pane superiormente è ricoperto rigorosamente di sesamo. Il successo ottenuto dal pane di Tumilia di Castelvetrano ha spinto molti panificatori a realizzare pane nero in ogni angolo dell’Isola.

La farina di Tumminia aspetti salutistici

Il consumatore negli ultimi anni ha assunto sempre più consapevolezza riguardo la quotidiana scelta alimentare, soprattutto quando devono mangiare cibi farinacei per la quale scelgono di affidarsi a farine alternative rispetto alla classica 00.

Preferiscono farine di “grani antichi” possibilmente macinate con mulini a pietra e integrali, rispetto a molte altre impoverite della parte embrionale, che viene utilizzato in cosmesi. L’integralità consente a queste farine di ritrovare la fragranza e la bontà del grano, un modo per riscoprire il sapore del pane come quello di una volta.

Naturalmente per ottenere un pane degno di chiamarsi tale tutte le farine compresa quella di Timilia devono essere necessariamente integrali, possibilmente molite con macine a pietra.

La farina di Timilia (Tumminia) è una farina integrale ricchissima di elementi propri del germe di grano e della fibra, con un alto valore proteico e un basso indice di glutine, ecco perché è consigliato di utilizzarlo in miscele, una farina che va bene per tutti coloro che hanno difficoltà a digerire cibi ricchi di glutine.

Oltre ai profumi dovuti all’integralità dell’intero chicco di grano, compreso l’embrione, il vantaggio è quello di ottenere farine con la presenza di fibra, i cui vantaggi per il corpo umano sono davvero eccezionali.

Le fibre non sono un nutriente essenziale anche se hanno una serie di effetti positivi decisamente importanti sulla salute metabolica, per la prevenzione di alcune patologie umane.

Questi alimenti ricchi di fibre hanno un volume rilevante ma un contenuto calorico in genere ridotto. Si tratta quindi di cibi che contribuiscono in maniera importante alla distensione delle pareti dello stomaco, uno dei segnali più efficienti nel determinare sazietà dopo il consumo di un pasto, con un apporto calorico. Inoltre, la presenza di fibre solubile, ostacolando l’azione degli enzimi digestivi nell’intestino, riducendo l’assorbimento di carboidrati, grassi e proteine, un effetto piccolo ma comunque apprezzabile, quindi determinano un senso di sazietà e controllo del peso. L’insieme cumulativo di queste azioni fa sì che un’alimentazione ricca di fibre possa contribuire al controllo del peso corporeo.

Numerosi studi mostrano che aumentando il consumo di fibre solubili e viscose si registra una diminuzione del colesterolo totale e del “cattivissimo” LDL.

Le fibre, quando presenti in abbondanza in un pasto ricco di carboidrati, riducono la velocità di assorbimento degli zuccheri. Il livello degli zuccheri nel sangue rimane più basso e si prolunga nel tempo con conseguente riduzione della risposta insulinica da parte del pancreas.

Il consumo di una dieta ricca di fibre può ridurre il rischio di malattie dell’apparato cardiovascolare. Un buon apporto di fibre determina anche una riduzione apprezzabile della pressione sanguigna e riduce marker di infiammazione sistemica come la proteina C reattiva. Una dieta di questo tipo, con elevato apporto di verdure, legumi e cereali, porta anche ad un aumento del consumo di minerali essenziali come magnesio e potassio, anche questi coinvolti nel benessere dell’apparato circolatorio.

Le fibre mostrano anche un effetto protettivo nei confronti del cancro del colon. La presenza di fibre, solubili ed insolubili, rende la massa fecale più morbida e voluminosa, ne aumenta la velocità di transito nell’intestino e rende l’eliminazione delle feci più agevole. Un buon consumo di fibra piò aiutare a mantenere la regolarità dell’intestino e a trattare situazioni di stitichezza: è importante sottolineare che, a questo scopo, un elevato consumo di fibre deve sempre essere accompagnato da un adeguato consumo di liquidi, almeno due litri al giorno.

Alcuni tipi di fibre sono importanti prebiotici, favoriscono cioè crescita e sviluppo di specifici ceppi batterici nel colon, soprattutto lattobacilli e bifidobatteri, microorganismi che possono contribuire al benessere complessivo dell’ospite. Si tratta soprattutto di fibre fermentabili, che sono fonte di energia per il microbiota intestinale. I processi fermentativi portano inoltre alla sintesi di acidi grassi a catena corta come acetato, proprionato e butirrato,  essenziali per il benessere e la funzione delle cellule della parete del colon.

Il sito http://www.benessere360.com/tumminia.html, evidenzia che dal punto di vista nutrizionale, riferendoci a 100 g di Tumilia, troviamo:

Carboidrati: 88,47%

Proteine: 10,01%

Grassi: 0,52%

Fibre alimentari: 1%

Calorie: 367

Sali minerali: tra cui manganese (31,32 mg/kg), sodio (7,75 mg7kg), ferro (40,88 mg/kg), zinco (34,97 mg/kg) e rame (8,01 mg/kg).

Tutti pazzi per la Timilia

L’enorme successo del pane e della pasta di Timilia ha fatto lievitare anche il prezzo che arriva, esageratamente, anche a 7 € al Kg per la pasta e 4 € il Kg per il pane. Questi prezzi hanno innescato una corsa alla produzione di Timilia.

Naturalmente, i commercianti hanno fiutato l’affare innescando una situazione davvero assurda. Molti produttori lamentano di avere in casa il prodotto, mentre il mercato comincia ad essere intasato di farina di Timilia.

Ma c’è molto di più. Diversi produttori siciliani che producono prodotti con grano Tumilia in questo periodo si sono visti recapitare una lettera da parte di uno studio legale che difende la società veronese “Terre e Tradizioni Srl” una diffida con la quale si intima a queste aziende di non utilizzare la denominazione Timilia (o tumminìa o grano Mazzuolo) poiché lo stesso è stato già registrato. In sintesi, nel 2013 la società veneta ha «brevettato » il nome dell’antichissimo grano siciliano e ora vuole vietare ai produttori locali di utilizzarlo.

Nel frattempo, il Dipartimento Regionale Agricoltura, “A conclusione dell’iter istruttorio delle istanze di iscrizione al Registro Nazionale delle Varietà da conservazione, ha già inviato al Mipaaf i pareri su 22 richieste, esitati favorevolmente nelle sedute delle scorse settimane dalla Commissione sulle varietà da conservazione e i grani antichi”. Si è in attesa da paret del Ministero dell’emissione dei relativi decreti di iscrizione per le richieste relative alle seguenti varietà: Bidì (2), Romano (1), Regina (1), Capeiti (1), Tripolino (1), Perciasacchi (6), Russello (4), Maiorca (1), comprese le indiziate Tumminia Reste Bianche (1) e Tumminia Reste Nere (4).

L’iscrizione al registro nazionale rappresenta una tappa importante ai fini della tutela, della salvaguardia e della valorizzazione dei grani siciliani, che sta alla base del processo di tracciabilità di una filiera garantita a tutela del consumatore e in contrasto con i fenomeni speculativi che si sono registrati negli ultimi tempi.

Pare che la vicenda si voglia chiudere in seguito all’offerta di Terre e Tradizioni srl che ha offerto i marchi dei grani antichi siciliani al prezzo simbolico di 1 centesimno alla Stazione consorziale sperimentale di Granicoltura di Caltagirone. Viceversa, l’assessore all’Agricoltura Antonello Cracolici ha chiesto al Ministero che vengano revocate le registrazioni dei marchi. Speriamo che il Ministero possa dirimere questa intricata matassa che speriamo non arrivi alla increscevole storia del Kamut.

Caratteristica della varietà Timmilia

L’altezza di questa varietà non supera il metro; si presenta esile ed elastica con una spiga fusiforme, sia nel profilo che nella faccia, lunga e sottile. Esistono due tipi, una con le ariste nere ed un’altra con le ariste bianche. La cariosside, inconfondibile, è piccolina e di colore bruno scuro.

La Tumminia è un frumento resistente al secco, alla stretta, alle ruggini e permette una produzione soddisfacente anche con decorsi primaverili non favorevoli; È molto resistente alla siccità ed attualmente ne esistono due varietà: Timilia SG1 a reste nere e Timilia SG2 a reste bianche.*

L’interesse per questi tradizionali prodotti ha spinto la Stazione Sperimentale di Granicoltura per la Sicilia di Caltagirone, nell’ambito delle attività di miglioramento, selezione e mantenimento di varietà e popolazioni di frumento duro, ha raccolto, in varie località siciliane, diverse famiglie di popolazioni di Timilia al fine di valutarne agronomicamente e tecnologicamente gli sfarinati per migliorarli qualitativamente.

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La rivincita della Timilia: pasta, pane e biscotti

La farina di Tumminia viene utilizzata per lo più per la produzione di pane e pasta, ma anche per altri prodotti da forno. E’ consigliabile mescolare grano duro varietà Timilia con altra farina da panificazione per ottenere una migliore lievitazione.

La farina di Timilia è molto indicata per la panificazione anche se risulta naturalmente povera di glutine (è inferiore al 20% ed è chiamata anche indice di glutine) e un buon tenore proteico. Naturalmente incidono le tecniche di coltivazione (concimazioni, diserbi, ecc.).

Si tratta di una riscoperta, molte aziende oltre a tornare a coltivare questa varietà di grano la trasformano ottenendo delle farine o trasformate in pasta. Anche i fornai, scoperto il nuovo filone aureo della granicoltura, si sono messi a realizzare pane e biscotti di Tumminia. Insomma, tra i consumatori è scaturita una lotta per accaparrarsi il pane nero. Ma anche le pizzerie non sono rimaste a guardare producendo dischi di pane nero su cui poggiare il ben di Dio.

C’è una corsa inaspettata verso questa farina. Questo pane, dopo il successo riscontrato dal Consorzio Panificatori “Pane nero di Castelvetrano.

Il pane superiormente è ricoperto rigorosamente di sesamo. Nella carta del pane (Mario Liberto) è consigliato utilizzarlo per accompagnare i salumi o, quando è più duro, per intingerlo nei brodetti.

Il pane di farina Timilia è molto profumato, con un buon apporto nutrizionale e grazie all’impiego delle paste acide (lievito naturale) ha una lunga durata, si conserva per alcuni giorni morbido e profumato.

E pensare che qualche decennio addietro la varietà di frumento Timilia fu esclusa tra i grani beneficiari di aiuti poiché non rientrava tra quelli meritori del premio comunitario, era stato così abbandonato trai ricordi di una malaugurata povertà di un tempo. Oggi questa varietà si è presa una bella rivincita.

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