Solo un caso fortuito può condurre un turista qualunque innanzi ad un antichissimo edificio come la Badiazza di Messina. Sconosciuto, misterioso, nascosto e affascinante.
Certamente se fosse situato in un altro angolo di mondo la sua storia sarebbe spiattellata su ogni guida turistica e si potrebbe ipotizzare un’ adeguata opera di restauro di tutto l’edificio e una folla in fila disposta a pagare un biglietto d’ingresso pur di visitarlo. Ma invece si trova poco fuori la città di Messina. E la fortuna di avere in Sicilia un esempio così importate di architettura medievale si spreca nell’incapacità di recupero e gestionale. In quel luogo, ormai del tutto trasformato, la Badiazzaresiste da secoli sfidando le incurie del tempo e dell’uomo. Alluvioni e terremoti l’hanno sempre sfiorata, in parte danneggiata e distrutta. Quel che resta infatti è probabilmente solo una parte di un complesso monumentale più grande. Imbattersi casualmente in qualche foto o notizia è sufficiente per mettersi alla sua ricerca, attratti come da un richiamo misterioso ma senza il conforto di guide o indicazioni. E così ci si ritrova nel quartiere messinese di Scala proprio sotto gli svincoli autostradali. Un passaggio inquietante sotto un groviglio di carreggiate sostenute da enormi pilastri come l’intreccio di montagne russe in un grande lunapark. Un impatto ambientale forte e invadente che istintivamente spinge ad un passaggio frettoloso più che mai avendo la sensazione che qualcosa possa piombare addosso dall’alto. Eppure la gente lì sotto ci abita da sempre. Nessuno si sarà preoccupato di costruire piloni davanti i balconi e gli ingressi delle abitazioni.
Doveva essere una vallata tranquilla, verde e campagnola con la piccola chiesetta di Sant’Andrea ancora esistente e qualche lavatoio nei pressi del torrente “Badiazze”. Percorrendo una strada sterrata si costeggiano abitazioni rassettate che sanno più di baracche. Cubi e parallelepipedi addossati gli uni agli altri, ciascuno con qualcosa di pulito o di nuovo messo in mostra, quasi a voler esibire un piccolo lusso oltre il quale non si osa troppo neanche sperare: la porta d’ingresso lucidata, gli infissi di una finestra dipinti da poco, un terrazzino infinitesimale ben curato, il vaso fiorito, la facciata dai colori vivaci ma solo da un lato. Si risale il torrente polveroso e già si scorge, imponente,la Badiazza.“Chiesa Santa MariaLa Valle– Sec. XI” – Questa scritta è riportata su un’insegna turistica di colore giallo posta accanto ad un meraviglioso portale in stile gotico su una facciata laterale. Ma in realtà pare che sulla data di realizzazione dell’edificio ci siano studi e pareri discordanti. Una cosa è certa, è una chiesa che dall’esterno non sembra subito tale. Somiglia più ad un elegante palazzo medievale fortificato, con immancabili merlature. La parte frontale della chiesa è rivolta verso i monti San Rizzo e non è quindi immediatamente visibile. Solo chi scende dalla montagna può trovarsela di fronte, ma chi proviene dal basso comincia a scorgere una muraglia e la forma tondeggiante di un grande abside. Guardando ancora l’insegna turistica innanzi il portale non posso fare a meno di chiedermi: come fa un turista ad arrivare fin qui? Che siano iniziati e finiti con l’etichetta sulla porta i lavori di recupero di un bene così importante?
Notizie storiche raccontano che la chiesa era annessa ad un monastero benedettino retto da suore di clausura, costruito dai Normanni tra la fine del XII secolo e l’inizio del XIII su preesistenti costruzioni romane e porta anche il nome di Chiesa di Santa Maria della Scala poiché ha custodito all’interno un quadro della Vergine, miracoloso, arrivato in circostanze misteriose nella stiva di una nave proveniente dall’oriente. Questo secondo una leggenda popolare. Probabilmente nel XIII secolo la struttura subì qualche restauro riconducibile all’architettura del periodo Svevo e poi aragonese nel XIV secolo. Incendi, saccheggi, intemperie, terremoti, numerosi momenti costruttivi si sono susseguiti fino al totale abbandono verso la fine del 1500 quando le suore di clausura che la occupavano dopo le restrizioni del Concilio di Trento non vi fecero più ritorno essendosi definitivamente trasferite, insieme al quadro della Madonna della Scala, in un omonimo monastero costruito entro le mura della città. Purtroppo questo quadro andò distrutto durante il terremoto del 1908 che colpì Messina duramente. Attualmente dell’antico monastero non vi è traccia apparente. Di certo si sviluppava sul lato sinistro della chiesa come dimostra un accenno di ponte che finisce drasticamente conficcato in una fitta muraglia di vegetazione spontanea. Eppure negli anni 80 diversi finanziamenti dell’Assessorato Regionale ai Beni Culturali sono stati destinati ai lavori di restauro della struttura ma a seguito del fallimento dell’impresa esecutrice e ad un inestricabile contenzioso conla Regione, non sono mai stati portati a compimento. L’edificio sarà stato sicuramente consolidato ma altri interventi sono molto discutibili. Entrando all’interno della chiesa ampia e luminosa è un volteggiare di archi ogivali sorretti da
magnifiche colonne che emanano tutto il fascino della pietra carica di secoli ma le pareti sono tristemente intonacate e il pavimento un po’ troppo rialzato rispetto alla base delle colonne. Queste sono in pietra bianca, realizzate, probabilmente, si legge da qualche parte, da artisti locali. L’impianto architettonico è suddiviso in due corpi: il santuario con un ampio transetto a tre absidi e quattro matronei negli angoli in alto e il corpo comprendente tre navate. Una grande cupola sferica ha resistito fino all’800 e forse è proprio quel segno che dall’esterno avrebbe identificato meglio la struttura come chiesa, ma attualmente, al suo posto si trova un’ anonima copertura in plexiglass che produce sinistri tremori. Solo il 2 Agosto di ogni annola Badiazza apre i suoi battenti per accogliere i fedeli che partendo da una chiesa più giù arrivano in processione in onore della Madonna della Scala.
Questo tempio circondato dalla natura, dal silenzio, è un luogo dello spirito e dell’anima che ha ancora parecchio da dire e sembra pazientemente in attesa di essere riscoperto e valorizzato. La pietra carica di storia e l’architettura medievale di un castello incantato ci conduce per un attimo in una dimensione fanciullesca di fiabe, segreti e misteri ancora da scoprire e svelare, nell’attesa che finalmente ci si renda conto di come la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio artistico possa diventare lo strumento trainante per lo sviluppo di una intera zona che, nel caso specifico, sembra quasi soccombere sotto gli svincoli autostradali.