Mentre al Nord e al Centro Italia sono il freddo e la pioggia ad azzerare i raccolti di miele, in Sicilia è la siccità a far seccare anzitempo le erbe che costituiscono la fonte principale del millefiori primaverile. Le poche piante fiorite offrono nettare in quantità appena sufficiente a sfamare le api. Gli apicoltori si avviano, così, a registrare la quinta annata consecutiva di crolli produttivi sempre più pesanti. Zero agrumi, zero millefiori, pochissima sulla.
Per chi vive di apicoltura, è la fine. Parliamo di oltre mille aziende professionali che ormai hanno già raschiato il fondo del barile.
“Noi apicoltori già da un decennio gridiamo al vento che i cambiamenti climatici stanno rendendo impossibile l’apicoltura da reddito. Stiamo assistendo all’emergere di una nuova categoria socio ambientale climatica: la calamità naturale permanente”, denuncia Antonino Coco, presidente dell’Associazione Regionale Apicoltori Siciliani (Aras).
Lo sanno anche i bambini che senza gli apicoltori le api subiranno la fine di tutti gli altri impollinatori ormai in via d’estinzione in tutta Europa a causa dei pesticidi, dell’esplosione delle monocolture, degli incendi e della distruzione degli habitat naturali.
“Se si riconosce alle api un ruolo agro-sistemico indispensabile alla produzione della gran parte del cibo nel mondo, occorre garantire oggi, e non domani, la sopravvivenza degli apicoltori. Non possiamo aspettare che politiche ambientali ben più severe delle attuali producano effetti”, aggiunge Coco.
Da qui un appello di Aras a tutti i candidati alle europee: la Ue dovrà con estrema urgenza varare nuove forme di assistenza e ampliare significativamente i piccoli sussidi timidamente previsti nell’ultima Pac per l’apicoltura europea. “Ma anche le istituzioni regionali siciliane – conclude Coco – devono attivare azioni volte a preservare l’economia locale, la biodiversità e la vita”.
Ufficio Stampa ARAS