di Giuseppe Consiglio
Con un valore aggiunto stimato in 61 miliardi di euro, 1.4 milioni di occupati, oltre 1 milione di imprese e ben 41 miliardi di euro di esportazioni, il Made in Italy agroalimentare assume sempre più un ruolo di primo piano nel sistema economico nazionale, mostrandosi come uno dei settori più dinamici e vitali del paese. Questo è lo scenario restituitoci dal Rapporto sulla competitività dell’agroalimentare italiano, presentato da ISMEA. Il comparto appare complessivamente in buona salute e sembra aver retto alla crisi economica senza eccessivi stravolgimenti riuscendo anzi a ripartire e ad agganciarsi alla ripresa. La crescente produttività del lavoro rappresenta uno degli elementi più significativi dello stato di buona salute di cui il settore gode, come anche la crescita degli investimenti, l’incremento della produzione, i livelli occupazionali sostanzialmente costanti nel tempo ed una positiva e persistente tendenza nell’incremento delle esportazioni.
Non mancano però le problematiche: in primo luogo i pesanti squilibri strutturali, propri della filiera agroalimentare italiana, non solo per ciò che concerne il comparto agricolo ma anche per quello della trasformazione industriale che soffrono di una regolare contrazione dei propri margini rispetto alla logistica e alla GDO. Alla significativa presenza dell’agroalimentare italiano nell’economia nazionale non fa da contraltare un altrettanto importante posizionamento in un contesto europeo dove Paesi come Francia, Germania e Spagna, mostrano un importante vantaggio in termini di strutture aziendali, efficienza e tecnologia. A seguito della difficile ripresa avviata nel 2016, nel 2018 l’Italia sembra aver pienamente agganciato la ripresa, pur rimanendo ben al di sotto dei livelli di crescita registrati nel contesto europeo. Il settore del Made in Italy agroalimentare, in uno scenario contraddistinto da una congiuntura economica piuttosto negativa, ha comunque mostrato una notevole resilienza, distaccandosi dall’andamento negativo e segnando anzi un significativo incremento di valore nel 2018di ben 6 punti in termine di valore aggiunto, rispetto al periodo pre-crisi.
Il valore complessivo della produzione agroalimentare italiana si attesta intorno ai 170 miliardi di euro, con un impatto complessivo sul PIL pari al 10,6%. Si tratta di un elemento quantitativo che non considera il valore del consumo legato ai servizi di ristorazione che fa salire il dato complessivo al 13,5% del PIL. L’Italia, si conferma come un Paese a fortissima vocazione agricola. Il settore della silvicoltura, agricoltura e pesca, contribuisce per il 2,2% al PIL nazionale, contro una media dei Paesi europei dell’1,5%. Il valore aggiunto del comparto è pari a 31,5 miliardi di euro, aspetto che proietta l’Italia al primo posto davanti alla Francia (28,7 miliardi), alla Spagna (26,4 miliardi) e alla Germania (14 miliardi). L’evidenza che più incoraggia è quella che concerne le esportazioni, incrementate di quasi un quarto negli ultimi 5 anni, con il nostro Paese che detiene una quota pari all’8% del valore complessivo delle esportazioni europee pari a 525 miliardi di euro. Benché il saldo commerciale resta comunque negativo, nell’ultimo quinquennio si è comunque ridotto di ben 3,3 miliardi. Il Rapporto ISMEA, fotografa un comparto in buona salute, che presenta delle prospettive di crescita significative e che aspira a facilitare la creazione di sempre nuove opportunità per l’imprenditoria del Bel Paese.