A Busacchinara

A Bisacquino una sagra per valorizzare la regina della tavola

L’appellativo “busacchinara” non è riferita ad una bella donzella del comune di Bisacquino, ma ad una suadente cipolla che, anno dopo anno, acquiesce nuovi estimatori. Alla “regina della tavola”, denominata anche “gigante di Bisacquino” i la comunità locale dedica una suntuosa sagra. Il seducente odore di questo prelibato ortaggio, a metà di Agosto, riempie ogni angolo della cittadina dei monti Sicani. Questa nobile ortiva è stata, per le sue virtù terapeutiche, esaltata in tutti i tempi. Il suo nome botanico, Allium Cepa, non ci dice molto, eppure è un elemento fondamentale della nostra cucina. La Sicilia dispone di un ampio patrimonio di popolazioni locali prodotti prevalentemente per la produzione di bulbi da serbo. Le cultivar vengono classificate in base alla forma, (allungate o a fuso ed ovali, a trottola, sferiche, subsferiche e piatte), al colore delle scaglie (bianche, gialle rosse, e viola di varia intensità), al periodo di coltivazione e alla destinazione del prodotto. La cipolla di Bisacquino è una varietà molto grossa schiacciata ai poli, dalla tunica rossastra, dolcissima al gusto, molto aromatica, dalla consistenza morbida e carnosa. Il bulbo può superare, abbondantemente, il chilogrammo. L’areale di produzione è il territorio di Bisacquino (Pa) e i territori limitrofi. Si presume che l’origine di questo ortaggio sia l’Asia occidentale.

Mitologia e storia

La mitologia racconta che durante la guerra degli dei contro Giove, i vinti, inseguiti fino all’estrema punta del continente, vedendo che mancava loro la terra per andare più lontano, si siano trasformati in cipolle per fuggire la collera di Giove. Nasceva così il mito delle cipolle. Le sue origini, allo stato selvatico, si perdono nella notte dei tempi. I primi veri campi coltivati furono realizzati dai Caldei. Introdotta in Egitto, all’epoca delle prime Dinastie, si circondò di una grande considerazione tanto di tributargli onori riservati agli immortali. Erodoto fa cenno di una lapide della grande piramide di Cheope, fatta costruire dal re faraone della IV dinastia (4500 a. C.) dove fu incisa la somma di 1600 talenti dì argento con la specifica: “per acquistare cipolle, agli e ravanelli per il mantenimento degli operai addetti alla costruzione”. Riconoscimento analogo trovò in Israele. I Romani la consumarono moderatamente, onore che riservarono, viceversa, all’aglio ritenuto di grande vigore per l’organismo. Nelle ricette di Apicio, così come nei ricettari del Rinascimento, la cipolla ha una grande considerazione. In molte regioni era ritenuta merce di pregio ed utilizzata per i cambi merce. In Sicilia arrivò con i fenici, la sua massima utilizzazione si affermò con gli ebrei, tanto da rimanere proverbiale il suo odore insieme all’aglio, che espandeva dalle giudecche. Non è azzardato avanzare l’ipotesi che la coltivazione della cipolla in Bisacquino possa essere collegata alla presenza ebrea nello stesso comune. La giudecca occupava parte dell’attuale quartiere del Rosario. Successivamente all’esilio degli ebrei imposto da re Ferdinado il cattolico, il qurtiere fu totalmente raso a suolo. Per “purificare” l’area fu eretta la chiesa dedicata alla Madonna del Rosario.
La coltivazione si è potuta mantenere sia per la presenza degli orti familiari che in numero elevato si trovano nella zona a valle del paese, dove appezzamenti di poche miglia di metri quadri consentivano alle famiglie dei “virdurara”, cioè ortolani di potere ottenere un proprio reddito. Orti che vengono menzionati in vari atti di compravendita fin dal 1500 (Archivio di Stato). In genere le famiglie dei “virdurara”, in virtù dei lasciti familiari consentivano che la professione e il fondo venissero trasferito da padre in figlio e questo ha consentito nei secoli la trasmissione di una cultura che ancora oggi resiste alla globalizzazione.
Questi piccoli appezzamenti sono uniti ai fabbricati degli ortolani, la qualcosa consentiva anche di avere il controllo della produzione contro eventuali furti, ma anche garantiva la vendita diretta.
Gli ortolani con dell’enormi canestri caricate sulle mule, vendevano il prodotto anche ai paesi vicini, ed è proverbiale una canzone popolare che ricorda “ ‘a Busacchinu pi la scalora”, anche se la produzione era costituita da cipolle, sedano, pomodori, cetrioli, ecc. In occasione della “sagra” la cittadina bisacquinese viene presa d’assalto. Migliaia di visitatori si riversano nella suggestiva piazza principale per festeggiare la meravigliosa cipolla – simbolo della Bisacquino rurale, fatta di gente laboriosa e tenace. Cipolle grandi e dolci come il cuore della sua popolazione. Le ortive, le produzioni casearie, la ceramica, il ferro battuto, i coltelli, i ricami, elementi da offrire ad un nuovo turismo identitario fatto di identità e originalità. Testimonianze forti, che conservate all’interno del museo civico, sono ancora vive e ci richiamano quella ruralità ritenuta prematuramente morta, e che oggi, si è presa la rivincita diventando elemento di sviluppo.

La cipolla tra opere artistiche e monumentali

La cipolla è presentata in modi differenti: dall’insalata, da consumare con il pane, fritta con l’uovo da stendere nella focaccia. Persino è stata esibita come confettura e gelato. E poi ancora profumi, sapori e suoni che si confondono tra le grida di euforia dei visitatori, che carichi di sacchetti di iuta piene di cipolle si perdono tra le diecine di stradine che confluiscono nel piccolo catino: “’a chiazza”. Un alveare di strade e case, di case e strade. Salite, discese e salite. Archi, vicoli e cortili. Così è Bisacquino, come l’ha voluto il suo edificatore: i musulmani, uno stile che sapientemente si conserva, grazie all’intelligenza dei suoi amministratori che negli anni si sono succeduti. C’è sempre qualcuno che vanta le antiche origini elime. Pare infatti, che una colonia troiana possa avere trovato rifugio tra le alture del monte Triona. Una montagna che è stata consacrata ‘a Madonna du Vazu”, Madonna del Balzo, una singolare magnificenza religiosa meta di numerosi pellegrini, fatta ergere in seguito ad un prodigioso miracolo. Il tempo è scandito da un meraviglioso orologio della famiglia Scibetta, vanto dell’artigianeria locale. Precisi, puntuali, scoccano le ore con inconfondibili ed intonati suoni. Un singolarissimo museo dell’orologio, forse l’unico in Italia, mostra le attrezzature, le tecniche, i materiali utilizzati dalle due generazioni della famiglia orologiaia, orgoglio della cittadina sicana. Tutto da vedere, insieme a un meraviglioso museo civico. Le chiese sono una grande testimonianza artistica di una comunità che ha sempre ha avuto un rapporto privilegiato con Dio. Per secoli è stata sotto la giurisdizione della Diocesi di Monreale e forse questo ha favorito la consacrazione di numerosi prelati, anche in odore di santità.

Le virtù della cipolla

La cipolla si è presa una bella rivincita: da alimento considerato cibo povero, basta ricordare il detto: “Mangiari pani e cipudda” (Mangiare pane e cipolla), per indicare ristrettezza economica, ed anche “Ci nni voli cipudda pi fari chianciri!” (Ce ne vuole cipolla per fare piangere!), ad onorarla con tutta la magnificenza come si trattasse di una grande star. La cipolla è buona per condire ma lo è anche per le sue capacità terapeutiche. Recentemente uno studio ha dimostrato come la quercetina, sostanza presente nell’Allium Cepa, è in grado di bloccare il diffondersi delle cellule tumorali. La stessa sostanza si trova anche nel vino rosso e nel tè. I ricercatori hanno dimostrato che essa è utile perfino a chi si sta sottoponendo alla chemioterapia. Questa sostanza naturale potenzierebbe l’azione di alcuni farmaci usati soprattutto per la cura delle leucemie e dei linfomi, tumori del sangue e del sistema linfatico.
La cipolla ha proprietà anche come espettorante, diuretico, depurativo, vermifugo, ipoglicemizzante, combatte l’ipertensione, la senescenza, l’arteriosclerosi e le affezioni all’apparato urinario. Come cosmetico, in uso esterno, la cipolla stimola la crescita dei capelli, ammorbidisce e rende più bella la pelle, purificandola da foruncoli e acne

 

La cipolla in cucina

Consumata cruda, in insalate unita ad altri ortaggi, ingrediente indispensabile di quasi tutti gli intingoli, stufati, lessi, salse e ripieni. Si accosta indifferentemente a carne o pesce o ad altre verdure. Cotta dà vita ad innumerevoli specialità: cipolla ripiena, al forno, arrostita, grigliata. La cipolla entra in diversi piatti (in genere tagliata sottile e soffritta, come aromatizzante), ma anche nei sottaceti. Famosa è la cipolla soffritta in agrodolce, pietanza tanto cara a Federico II, lo Stupor mundi. In Sicilia sono anche note le cipolle di Giarratana, Castronovo di Sicilia, e Barrafranca.
Cipolla da mangiare, da insaporire, come medicinale ed anche come cosmetico, insomma, cipolla regina della cucina, che ci accompagna in tutti i momenti della vita.

 

Ricetta: Frittata con cipolla

Ingredienti: Uova 6, una cipolla, caciocavallo grattugiato 2 cucchiai, pomodoro maturo uno piccolo, prezzemolo, olio extravergine di oliva, sale, pepe.

Preparazione: Sbattete in una terrina le uova col formaggio grattugiato, il prezzemolo tritato, la cipolla tagliata a fette sottilissime, il pomodoro spellato e senza semi, fatto a pezzetti, sale e pepe. Versate le uova in padella, nell’olio ben caldo, abbassate la fiamma, fatele addensare e cominciate ad arrotolarle, pressando un po’ con la paletta perché non resti l’uovo crudo all’interno della frittata. Giratela da ogni parte perché risulti ben dorata.

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