Le Primavere Arabe

L’esperienza delle aree rurali europee per lo sviluppo dei Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa scossi dai fermenti rivoluzionari.

Nel vedere le immagini di poveri cristi arrivare ammassati in autentici carri bestiame e sbarcare in quel di Lampedusa con gli occhi fissi nel vuoto, provati e stremati da giorni di navigazione in condizioni disumane, non possiamo fare a meno di chiederci da quale inferno terreno fuggono per affrontare quest’altro inferno. Così come non possiamo fare a meno di chiederci che fine fanno coloro che, non godendo dello status di rifugiati politici, vengono rispediti ai Paesi di origine sulla base di normative vigenti delle quali ci si può solo vergognare. Le risposte non possono certo provenire da quanto fatto dal nostro Governo sino ad ora. Prima marciandovi sfrontatamente sopra, giusto il tempo di rafforzare le spinte anti immigrati dei propri elettorati o per conquistarne di nuovi. Poi, sulla forte spinta della società civile, dell’Europa e del mondo intero, con azioni che lasciano il tempo che trovano. Una distribuzione su scala nazionale dei profughi, una manciata di euro, qualche computer e qualche motovedetta per Nazioni verso le quali rispedire gli immigrati. Non chiedendosi o facendo finta di non sapere che fine fanno coloro che vengono rispediti indietro. O come quelli che non arrivavano dalla Libia quando il nostro Governo filava d’amore e d’accordo con Gheddafi. Come hanno documentato precisi reportage, venivano semplicemente lasciati morire nel deserto.
Ora si vive un ordinario flusso di ingressi e di uscite: arrivano gli immigrati, a secondo della provenienza vengo smistati in altre Regioni o vengono rispediti lo stesso giorno al Paese di provenienza. E’ lontanissima l’idea di dare, o quanto meno tentare, una svolta risolutiva al dramma che affligge il Mediterraneo. E non è questione di risorse finanziarie, è proprio la totale incapacità del nostro Governo di assumere in materia un ruolo di traino e di indirizzo verso l’Europa e verso gli Stati Uniti, incapace di gestire l’emergenza, incapace di qualsiasi proposta progettuale di medio e lungo periodo, limitandosi a sterili piagnistei richiedenti qualche euro di aiuto, con l’unico risultato di scalfire autentici pilastri della nostra Europa come il Trattato di Schengen o scivolare nel ridicolo quando qualche Paese ricorda che di profughi ne ha ospitato quattrocentomila e passa.

Il Presidente della Commissione Europea Barroso

Il 2 marzo il presidente della Commissione europea Barroso ha annunciato la creazione di un «partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa» con le popolazioni nordafricane. Un partenariato che si fa forte dei circa 4 miliardi di euro da destinare all’assistenza nel settore della politica di vicinato agli Stati nordafricani. Il Presidente americano Obama nel suo discorso sul Medio Oriente del 19 Maggio ha annunciato quello che molti commentatori americani avevano già definito “il piano Marshall per il Medio Oriente”, un piano di aiuti di alcuni miliardi di dollari per sostenere i Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa scossi dall’ondata rivoluzionaria e per incoraggiarvi processi di democratizzazione, dimostrando “che l’America valuta la dignità di un venditore di strada più che il potere brutale di un dittatore”, con riferimento a Mohamed Bouazizi, il tunisino diventato il simbolo delle rivolte arabe dopo essersi dato fuoco per l’ennesima brutale confisca delle sue mercanzie. “Bisogna ampliare il nostro approccio” ha detto il presidente Obama, riconoscendo che la pura lotta contro il terrorismo e il controllo degli arsenali nucleari “non servono a riempire gli stomaci o a favorire la libertà di espressione”.

Il piano costituisce l’inizio di un impegno a lungo termine dell’Amministrazione americana per queste aree. Inizialmente ne saranno beneficiari Egitto (al quale ha già promesso due miliardi di dollari in cancellazione di debiti e prestiti garantiti) e Tunisia, dove le proteste di massa hanno spodestato regimi ventennali. Nel progetto sono coinvolti la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, che proprio in questi giorni sta valutando la proposta di ampliare le proprie attività in Nord Africa, la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale, la Banca africana per lo sviluppo e l’OPEC. Su richiesta americana la Banca mondiale ed il FMI stanno predisponendo un piano di aiuti per Egitto e Tunisia che verrà presentato al prossimo G8 di Deauville.
Un corposo flusso di dollari e di euro si appresta, quindi, ad inondare il Medio Oriente ed il Nord Africa. Flusso che ripropone con forza la metodologia ottimale del suo utilizzo. Ciò anche alla luce dei non sempre brillanti risultati sino ad ora ottenuti con le risorse finanziare messe a disposizione per sostenere lo sviluppo di questi Paesi, avendo come riferimento regimi e funzionari corrotti che tutto hanno fatto tranne gli interessi dei loro Paesi. Per rendersene conto basti pensare ai “tesoretti” pescati nelle tasche dei regimi di Ben Alì e di Mubarak.
Il Presidente degli Stati Uniti Obama

Per non incorrere in tali errori è sufficiente dare una seguito operativo alla partnership annunciata dal presidente Barroso ed al “piano Marshall per il Medio Oriente” del Presidente Obama con l’attivazione di una regia unica, di una vera e propria “task force” che, forte delle risorse finanziarie europee ed ora anche di quelle americane, deve avere un solo obiettivo: innescare e rendere stabile nel tempo un serio processo di sviluppo endogeno avente come riferimento le popolazioni locali, con particolare attenzione alle realtà giovanili.

E di esperienze concrete che dimostrano la fattibilità e la efficacia di un tale approccio ve ne sono sia in Europa che in America. In Europa la maggiore esperienza è sicuramente rappresentata dal Programma LEADER (Liaçon entre action de development rurale) per lo sviluppo rurale.

Il LEADER nasce agli inizi degli anni 90 come Programma di Iniziativa Comunitaria (PIC). Subito si rivela come un metodo innovativo per lo sviluppo delle aree rurali, tant’è che viene riproposto nelle successive programmazioni comunitarie sino a divenire, nell’ultima programmazione, (2007 – 2013) il IV Asse dei Programmi di Sviluppo Rurale. Le specificità che lo caratterizzano possono essere così sintetizzate:

approccio territoriale che consente la definizione di una politica di sviluppo basata sui punti di forza e di debolezza, sull’omogeneità, sulla coerenza e sulla massa critica delle risorse umane, finanziarie ed economiche;

approccio ascendente, finalizzato al coinvolgimento di tutte le componenti interessate alle politiche di sviluppo nel processo decisionale;

operatività coordinata dal Gruppo di Azione Locale (GAL) – che si colloca nell’ambito delle Agenzie di sviluppo “contingenti” poiché nato “con una missione specifica” – struttura di gestione del LEADER, quale espressione equilibrata e rappresentativa della realtà sociale, economica e politica del comprensorio;

realizzazione di strategie pilota di sviluppo, a carattere integrato e sostenibile, incardinate su temi catalizzatori. Nell’ambito di tale specificità rientra: l’approccio integrato (interazione tra operatori, settori e progetti); il tema catalizzatore, scelto tra quelli individuati dalla Commissione, attorno al quale ruota tutta la strategia di sviluppo; il carattere pilota della strategia, che deve consentire l’individuazione di nuove vie per la sviluppo delle aree rurali, da trasferire in altre aree europee;

attività di cooperazione infraterritoriale e transazionale, che consentano di sviluppare progetti comuni ad altre realtà territoriali;

realizzazione di una rete europea, finalizzata allo scambio di know-how e di esperienze.

I risultati prodotti dalla combinazione di queste specificità costituiscono ciò che viene definito “valore aggiunto dell’approccio LEADER”.
Il Programma ha prodotto in Europa ad oggi oltre 1000 Gruppi di Azione Locale operanti con la metodologia LEADER e, a riprova della sua efficacia, è parte integrante dell’attuale Politica per lo sviluppo rurale dell’Europa, costituendone il IV Asse. Una delle sue caratteristiche fondamentali è “la trasferibilità”. E quale occasione migliore di questa per applicarla? Tutte le realtà locali, in particolare quelle rurali, sprigionano voglia di protagonismo, volendo essere gli artefici del proprio futuro. E’ sufficiente fare “un giro” sulla rete, oltre tra le aree rurali europee, tra le aree rurali indiane, nord americane, sud americane, africane per rendersene conto. I limiti si scontrano con la metodologia e con le disponibilità finanziarie. Per la metodologia, quella europea la possiamo tranquillamente definire ben rodata e matura, potendo contare su una esperienza più che ventennale ed in grado di essere “trasferita” e replicata altrove. Le disponibilità finanziare per il Medio Oriente e per il Nord Africa saranno presto disponibili. In queste aree operano strutture come l’Associazione REMADEL (Resau Maghrebin d’Associations de Developpement Local en milieu rural – www.remadel.org che aggrega una cinquantina di Associazioni no profit della Tunisia, Algeria, Marocco, Mauritania), L’Association de Kairouan pour l’Auto développement (AKAD), L’Association De Developpement Des Echanges Sans Frontieres di Beni Abes e tante altre ancora pronte a scommettersi in un processo di sviluppo sociale ed economico endogeno e duraturo.
Processo favorito dalle nuove tecnologie telematiche ed informatiche che, favorendo la nascita di reti sociali, rivestono un ruolo importante nello sviluppo della democrazia e, per dirla con il Presidente Obama “…è emersa una nuova generazione e la sua voce ci dice che il cambiamento non può essere negato”.

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