Nel corso del secondo conflitto mondiale, Woody Guthrie, già famoso in America come folksinger e come agguerrito militante comunista, si arruolò volontario nella marina mercantile, per dare una mano ai marines in guerra in Europa contro i nazi-fascisti. Nel ’43, la nave su cui è imbarcato, dopo aver toccato l’Inghilterra e la Spagna fa rotta verso la Sicilia e, non senza difficoltà, riesce ad approdare nel porto di Palermo.
‘In quella notte del ‘43 ne portammo trentasei, tra navi da carico e navi cisterna, da Gibilterra alla Sicilia, a Palermo’ – ricorda Guthrie nei suoi appunti (raccolti in Pastures of plenty. A self-portrait, Harper Collins, 1990) – ‘ma le torpedini naziste colpirono sei delle nostre navi proprio prima di entrare in porto, e io potevo sentire il calore caldo che si irradiava dalle navi in fiamme mentre ce ne stavamo appoggiati alle ringhiere e sentivamo le voci degli uomini dell’equipaggio dispersi, soldati, artiglieri e ufficiali’. Fra i marines naufraghi, ma salvi, Guthrie riesce a mettere piede nel capoluogo dell’Isola.
Lo scenario che gli si presenta è apocalittico ed è quello di ‘un polveroso mucchio di macerie e di distruzione’. Con Guthrie a Palermo vi sono due amici con cui condivide la stessa mission – anche loro sono marinai volontari – e la stessa passione per la musica popolare: Cisco Houston e Jimmy Longhi.
‘Ci trovammo di fronte quel mucchio di immondizia che ancora prendeva nome di Palermo’ – scrive Guthrie nei suoi diari – ‘non abbiamo visto edifici che non siano stati colpiti dalle bombe, ogni muro o era scalfito o scheggiato o era stato completamente fracassato. Le case aperte come corpi devastati, vecchie finestre rotte, interi caseggiati strappati via. Palermo, una volta elegante e salubre località, con bellissime spiagge e sentieri di montagna e con un clima tropicale simile a quello della California, adesso assomigliava ad un giocattolo completamente rotto’.
I tre amici, scesi a terra con ‘un paio di chitarre e un piccolo mandolino piatto Gibbon’, dopo aver preso atto, con attenzione e preoccupazione, delle condizioni della città, decidono di incamminarsi, in perlustrazione, nei dintorni: ‘C’era il coprifuoco, ed eravamo capitati nelle ore sbagliate, era contro la legge girare per le strade. Così, non volendo finire arrestati e multati di tutta la nostra paga di marinai, virammo verso i dintorni della città e ci inerpicammo sul versante di una montagna per un dodici chilometri, finché non trovammo un grazioso paesino che si chiamava Altofonte’.
Nell’itinerario tra Palermo e Altofonte, Guthrie incontra file di contadini e senzatetto che camminano per la campagna, a piedi o su carretti trascinati da asini e cavalli denutriti come le persone che trasportano (‘le strade sono polverose e tutta l’aria è un vapore di polvere di cemento che ci cade addosso, nei vestiti, nei capelli, negli occhi. Tutti gli uomini, le donne, i bambini sono impolverati e le loro camicie, i loro capelli sono del colore della stessa terra’). Ad Altofonte l’umore dei tre amici migliora un pò, per l’atmosfera quasi festosa che si crea stando in compagnia di un nutrito gruppo di ragazzini del luogo: delle loro gesta, delle loro storie, della loro ironia e allegria (nonostante tutto ciò che era accaduto intorno a loro), Guthrie racconterà nelle pagine di Born to win (Nato per vincere) – la sua autobiografia, pubblicata nel ’67 negli States ed edita in Italia da Mazzotta nel ’79 – in un capitolo titolato Noi ragazzini.
‘In un batter d’occhio’ – scrive Guthrie – ‘facemmo amicizia con un sacco di gente gironzolando e canticchiando per le strade e i vicoli di Altofonte. Bande di ragazzi ci ballavano intorno scherzando mentre noi suonavamo e cantavamo. Ci mostrarono una bottega di barbiere dove un piccolo lustrascarpe si era inginocchiato per lucidare gli stivali di quattordici soldati nazisti, e invece di tirare via il tappo della bottiglia del lucido aveva strappato la sicura di una granata a mano che era esplosa uccidendo tutti quelli che erano nel negozio. Poi ci mostrarono un altro edificio dove quattro ragazzi e ragazze avevano rubato a degli alleati delle saponette e le avevano nascoste nelle cantine di una casa d’appuntamento. Le saponette si rivelarono essere dei candelotti di esplosivo, e i nazisti non fecero in tempo a lasciar cadere gli spiccioli di mancia in mano ai ragazzi che, Piiiinggggggg, l’intero luogo era volato in su. E poi era ricaduto giù, in un mucchio di macerie polverose, e faceva una certa impressione vedere i corpi delle donne e degli uomini appiccicati insieme nei loro letti disgraziati’.
Sempre più incuriosito e sorpreso dai suoi piccoli interlocutori, Guthrie continua : ‘I bambini furono i primi a fare amicizia con noi. Ci fecero domande di ogni genere, ci squadrarono da capo a piedi e poi decisero che di noi si fidavano perché eravamo marinai mercantili e non soldati. E soprattutto si fidavano di noi perché gli piaceva la nostra musica e le nostre canzoni, ci portarono in diverse case dove ci offrirono del vino rosso e denso, e del pane, e dei maccheroni, e dove scambiammo quattro chiacchiere con gli adulti. Dissero a delle belle ragazze sulla ventina e sulla trentina di portarci a fare un giro panoramico della montagna tra i limoni selvatici, i fichi, e filari di viti centenarie’. Da quest’allegra compagnia, Guthrie e i due amici vengono messi al corrente di altre eroiche prodezze dei ragazzi del paese e di come questi hanno contribuito a combattere i tedeschi: uno ha dato a un nazista ‘vino pisciato’, un altro ha venduto ai fascisti ‘birra andata a male’, un gruppo di ancor più coraggiosi ragazzini ha fatto addirittura saltare in area un deposito di munizioni dei tedeschi. Guidato dai ragazzi, attento ai loro racconti e alle raccomandazioni che gli fanno, di non prendere oggetti da terra perché possono contenere esplosivo, Guthrie si lascia condurre in un enorme deposito abbandonato dai tedeschi e pieno delle loro cose personali (diari, lettere, documenti etc.) di cui fa incetta e che pensa di regalare ai suoi amici come souvenir dalla Sicilia; poi, proseguendo per una mulattiera con tutta la brigata di bambini e giovanotti, vede da lontano il porto di Palermo e considera a malincuore che è già abbastanza tardi e deve fare ritorno alla nave. Lasciata Palermo, Guthrie continua il suo viaggio con i marines in direzione di Bizerte, nel Nord- Africa. A guerra conclusa, dopo tre anni di navigazioni con la Marina mercantile, ritornato in America, l’autore del mitico brano Questa terra è la mia terra, dedicandosi a tempo pieno alla composizione di musica e testi per canzoni dalla forte impronta sociale e di protesta, canterà il movimentato approdo in Sicilia nella ballata Over the wawes and gone; inoltre, il racconto dell’incontro con i ragazzini di Altofonte, sostiene Alessandro Portelli in Kids can squawl: politics and poetics of Woody Guthrie’s children songs, testimonia dell’attenzione costante di Guthrie verso il ‘mondo’ dell’infanzia, dei drammi e delle violenze che spesso patisce ma anche delle potenzialità salvifiche che possiede.
Sui giorni e le peripezie siciliane vissute assieme a Guthrie e Houston scriverà Longhi nel suo libro di memorie Woody, Cisco & Me, pubblicato in America nel ‘77 e dal quale il regista Mimi Leder ha tratto, nel 2008, un film, Remember Their Names, ambientato tra New York e la Sicilia.