La metodologia LEADER dei Piani di Sviluppo Rurale europei per dare risposte concrete al Nord Africa in fiamme.
Le stime sui flussi migratori provenienti dal nord Africa volano ormai a piena ruota libera 5000, 15.000, 50.000 in un clima di totale incertezza. Le uniche certezze ci provengono dai quotidiani sbarchi nel primo approdo a portata di mano, Lampedusa; dal triste spettacolo di esseri umani lasciati dormire all’addiaccio ed ammassati come bestie; dall’acclarata incapacità del nostro Governo con il suo inconcludente attivismo a fronteggiare il fenomeno, incapace di dare una dignitosa sistemazione a 15.000 disperati. Per un Governo normale il tutto si sarebbe risolto in 24 ore. Sarebbe stato, infatti, sufficiente che la Protezione civile o il nostro esercito approntassero un adeguato campo migranti in una area militare, evitando così il vergognoso palleggiamento tra Comuni e Regioni per chi ne dovrà accogliere di meno. Un campo dove convogliare tutti i migranti, fornire loro tutta l’assistenza necessaria, operare i necessari controlli e dare seguito ai conseguenti provvedimenti. Un Governo normale non avrebbe certo fatto una infelice legge che di fatto criminalizza chiunque entra da clandestino nel nostro Paese. Immaginate se una Legge del genere fosse stata fatta dai Paesi dove si sono recati i nostri flussi migratori degli inizi del 900 o degli anni 50 del secolo scorso. Oggi avremmo 20 milioni e passa di criminali italiani sparsi per il mondo. Ma se questo riguarda la gestione dell’emergenza, le cure proposte per risolvere il problema dei migranti sono sicuramente peggiore del male. A parte le dissennate esternazioni del governatore siciliano Lombardo sui mitra da imbracciare contro qualche poveraccio, la cui unica colpa è quella di avere cercato riparo nel suo casolare di campagna, resta la geniale proposta del nostro Ministro degli esteri di tacitare i profughi con una manciata di Euro – che non sono i nostri, si badi bene, ma dell’Europa, giusto per dare il contentino al mostro sacro della padania – e poi spedirli al loro Paese di origine, sbandierando accordi fatti in quel di Tunisi su aiuti economici per sostenere l’economia locale, all’insegna del “prevenire e’ meglio che respingere gli immigrati”.
Se il principio ci trova pienamente d’accordo, ci lascia perplessi il metodo. Come se gli aiuti dati ai vari Ben Alì, sparsi per il mondo non ci avessero insegnato niente. E poi c’è da chiedersi perché questo atto eroico di andare a Tripoli da soli quando il fenomeno riguarda tutta l’Europa? O all’Europa chiediamo solo qualche spicciolo per gestire l’emergenza o per condividere qualche pugno di disperati?
Emergenza a parte, per avviare un serio processo di sviluppo endogeno e duraturo del nord Africa è necessario partire dall’assunto che il problema è europeo. Per l’intervento dell’Europa, oltre alla gestione dell’emergenza, si potrebbe ipotizzare un intervento come quello sino ad ora attuato per le aree rurali europee le quali sin dal 1990 vivono un a esperienza chiamata LEADER (Liaçon entre action de development rurale) . Il LEADER nasce agli inizi degli anni 90 come Programma di Iniziativa Comunitaria (PIC). Subito si rivela come un metodo innovativo per lo sviluppo delle aree rurali, tant’è che viene riproposto nelle successive programmazioni comunitarie sino a divenire, nell’ultima programmazione 2007 – 2013, il IV Asse – LEADER dei Programmi di Sviluppo Rurale.
Forse pochi sanno che alla fine degli anni 80 l’Unione Europea, nell’ambito delle sue attività di supporto allo sviluppo delle aree extraeuropee, avviò un programma finalizzato allo sviluppo dell’area magrebina. Un programma, molto simile all’attuale IV Asse LEADER dei nostri Piani di Sviluppo Rurale, basato sull’approccio territoriale, sull’approccio ascendente (bottom-up), sul coordinamento di un Gruppo di Azione Locale, – espressione equilibrata e rappresentativa della realtà sociale, economica e politica del comprensorio – su una strategia di sviluppo integrata, sulla cooperazione tra le aree rurali. Con il senno del poi, non sono difficili da capire le ragioni del fallimento dell’esperimento di allora, ragioni che negli anni successivi fecero preferire elargizioni a pioggia o programmi specifici rivolti all’area mediterranea. Il limite di tali interventi deriva proprio dal fatto che sono realizzati con la “nomenclatura” che i venti delle rivolte odierne stanno spazzando via.
Tali limiti impongono nuove forme di intervento per l’Europa in queste aree martoriate. Nuove forme che possono essere mutuate da iniziative che in Europa hanno dato e continuano a dare buoni risultati. Oltretutto in Europa esistono oltre 1000 Gruppi di Azione Locale LEADER, che operano con una metodologia ben acquisita e ben rodata, con delle professionalità che sono in grado di trasferirla in altre aree rurali. Mentre nell’altra sponda del Mediterraneo esistono organizzazioni come l’Associazione REMADEL (Resau Maghrebin d’Associations de Developpement Local en milieu rural – www.remadel.org) che aggrega una cinquantina di Associazioni no profit della Tunisia, Algeria, Marocco, Mauritania. L’Associazione – costituita nell’Aprile del 2008 a Djerba con il supporto fondamentale dell’Institut Agronomique Méditerranéen de Montpellier (CIHEAM) coordinato da uno dei massimi esperti europei di sviluppo rurale il prof. Pier Compagne – con il suo presidente Abdelhamid Zammouri è una delle tante Organizzazioni pronte a scommettersi in un processo di sviluppo endogeno. Non aspettano altro.
L’Ue dispone di circa 4 miliardi di euro da destinare all’assistenza nel settore della politica di vicinato agli Stati nordafricani. Questi fondi verranno utilizzati in modo più mirato per sostenere lo sviluppo democratico e quindi potrebbero essere utilizzati anche per innescare processi di sviluppo socio economico duraturo e soprattutto endogeno, vista la stretta correlazione tra sviluppo democratico e sviluppo socio economico.
Il 2 marzo il presidente della Commissione europea Barroso ha chiesto a chiare lettere la fine del regime di Gheddafi in Libia e ha annunciato la creazione di un «partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa» con le popolazioni nordafricane. Se è vero, come è vero, che l’Europa vuole essere al fianco dei Paesi Nord Africani e non vuole mancare quest’appuntamento con la storia, allora si esprima oggi con uno dei momenti più alti della sua politica internazionale, avviando una sorta di “Piano Marshall” per il nord Africa da realizzare con la metodologia LEADER. Sulla scia di quello annunciato al mondo dall’allora segretario di Stato americano George Marshall in un memorabile discorso del 5 giugno 1947 all’Università di Harvard.