Squali ”in fuga” dalle isole abitate. Una ricerca internazionale rivela che negli ultimi tre decenni l’influenza umana ha avuto un impatto maggiore sulle popolazioni del predatore dei mari rispetto perfino all’ innalzamento della temperatura.
La prima grande stima sugli squali del Pacifico, condotta dai ricercatori nell’ambito del Pacific Reef Assessment and Monitoring Program del Noaa (National Oceanic and Atmospheric Administration), ha rivelato uno stato davvero allarmante: le popolazioni di squalo intorno alle isole piu’ popolate dell’ Oceano Pacifico sono crollate di oltre il 90% negli ultimi 30 anni. Colpite della pesca illegale, dalle uccisioni accidentali e dalla pesca sportiva soprattutto cinque specie: squali grigi, pinna nera, pinna bianca, delle Galapagos e squali nutrice fulvi (Nebrius ferrugineus).
L’equipe di ricerca – come riportato sulla rivista Conservation Biology – ha analizzato i dati di oltre 1.607 immersioni in 46 banchi del Pacifico centro occidentale, comprendendo anche zone vicino alle Hawaii e alle isole Samoa.
Combinando questi dati con le informazioni sulla popolazione umana, la complessita’ degli habitat, la disponibilita’ di cibo e le temperature della superficie del mare, i ricercatori hanno creato un particolare modello in cui vengono messi a confronto numero di squali e impatto umano.
”Intorno a ciascuna delle aree densamente popolate che abbiamo analizzato il numero di squali di barriera e’ drasticamente diminuito rispetto alle scogliere nelle stesse regioni che sono semplicemente piu’ lontane dagli esseri umani – ha affermato il capo dello studio, Marc Nadon – stimiamo che meno del 10% dei numeri di base rimangono in queste aree. In breve le persone e gli squali non si mescolano”.