La Corte federale del Canada ha vietato al Consorzio italiano Prosciutto di Parma di usare il marchio storico della corona ducale perché già registrato nello stato americano dalla società Maple Leaf Foods.
Si tratta di una situazione paradossale che purtroppo non è isolata a livello internazionale dove si stima che – sottolinea la Coldiretti – siano falsi più di due prodotti di tipo italiano su tre in commercio.
La “pirateria agroalimentare” nel mondo utilizza infatti impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che richiamano al nostro Paese per alimenti che non hanno nulla a che fare con la realtà produttiva nazionale. I Paesi dove sono piu’ diffuse le imitazioni sono Australia, Nuova Zelanda e il Nord America ma a preoccupare sono anche i paesi emergenti come la Cina dove il falso Made in Italy è arrivato prima di quello originale e rischia di comprometterne la crescita.
Ad essere colpiti insieme al prosciutto sono i prodotti piu’ rappresentativi dell’identità alimentare: al “Parma salami” del Messico al Parmesao del Brasile fino al Parmesan diffuso praticamente in tutto il mondo.
Il problema riguarda tutte le categorie merceologiche come i pomodori San Marzano coltivati in Usa, lo Spicy thai pesto statunitense, l’olio Romulo con tanto di lupa venduto in Spagna, il Chianti prodotto in California, ma anche una curiosa “mortadela” siciliana dal Brasile, un “salami calabrese” prodotto in Canada, un barbera bianco rumeno e il provolone del Wisconsin.
Bisogna combattere un inganno globale per i consumatori che – conclude la Coldiretti – causa danni economici e di immagine alla produzione italiana sul piano internazionale cercando un accordo sul commercio internazionale nel Wto per la tutela delle denominazioni dai falsi ma è anche necessario fare chiarezza a livello nazionale ed europeo dove occorre estendere a tutti i prodotti l’obbligo di indicare in etichetta l’origine dei prodotti alimentari.