I produttori siciliani di arance sono in stato di allarme per la pesante crisi di settore causata dalla prevalenza dei calibri piccoli nella produzione in corso e dalla siccità, che persiste anche in inverno. In Sicilia abbiamo produzioni arancicole abbondanti, di buona qualità organolettica, con eccellente contenuto in antociani e vitamina C, ma di calibro ridotto nella gran parte delle aziende siciliane ad eccezione di quelle poche realtà produttive dotate di pozzi (l’acqua diventa sempre più un lusso).
Il Consorzio Euroagrumi, di Biancavilla (Ct) lancia l’allarme sulla crisi del settore che non ha ancora saputo raccogliere le sfide della modernizzazione e della globalizzazione.
E non è solo responsabilità dei cambiamenti climatici: l’inefficienza dei consorzi di bonifica ha dato il colpo di grazia alle produzioni di questa campagna, visto che quando si aveva più bisogno dell’acqua di irrigazione, ed esattamente dopo il 10 agosto, questa non è stata più erogata in buona parte della piana di Catania, così le arance sono rimaste di calibro ridotto (più del 50% delle produzioni in campo si stima siano di calibro inferiore a 10).
Si è aggiunto un altro elemento che agisce negativamente sui calibri, cioè la presenza ormai fin troppo diffusa del virus della tristezza degli agrumi, per cui miscelando i due eventi la produzione di qualità in questa campagna è veramente in proporzione ridotta.
L’elemento di criticità del comparto in questo momento è il prezzo industriale delle arance, che si attesta decisamente sotto i 10 centesimi, e che non consente ai produttori di raccogliere il prodotto e ricavarne qualcosa, visto che tra raccolta e trasporto si spenderebbero circa 12 centesimi.
Insomma una crisi veramente difficile, alla quale le istituzioni non sembra abbiano voglia di destinare le risorse necessarie: se un ritiro dal mercato va fatto e se i quantitativi sono di 250mila q, serve un investimento non inferiore ai 12 milioni di euro, somma che non sembra sia nelle disponibilità delle istituzioni che dovrebbero supportare l’agricoltura.
Resta da dire cosa si potrebbe fare ad oggi per dare risposte concrete e immediate alle esigenze dell’agrumicoltura.
1) Accelerare il ricambio varietale in quelle zone in cui il virus della tristeza è già presente.
2) Varare un piano acque che garantisca approvvigionamento idrico a tutte le aziende agrumicole attraverso una manutenzione straordinaria degli invasi e della rete di distribuzione. E, nel lungo periodo, approvvigionamenti alternativi come i dissalatori. Infine la diffusione di pratiche irrigue a ridotto consumo idrico.
3) Impostare una pianificazione dei consumi sul prodotto di calibro ridotto, attraverso:
a) un accordo interprofessionale con le industrie che valorizzi a prezzi remunerativi il prodotto di calibro piccolo non scendendo sotto i 25 centesimi/kg;
b) un programma di educazione alimentare in tutte le scuole dell’obbligo, che solo in Sicilia contano più di seicentomila studenti, provando a sostituire le merendine o le bevande gasate con la spremuta di arance;
c) un accordo con la gdo per promuovere il consumo delle arance di calibro ridotto, sottolineando che da un punto di vista organolettico i piccoli calibri hanno antociani e vitamina C in quantità superiore rispetto ai calibri grossi.
Se non saremo capaci di dare queste risposte il declino continuerà inesorabile e con una velocità sempre maggiore. Il che farà dell’agrumicoltura un ricordo lontano e un regalo a quei paesi che hanno saputo raccogliere le sfide della modernizzazione e della globalizzazione.