Il monastero bizantino di S. Stefano di Mèlia

Addentrandosi dallo scorrimento veloce Palermo-Agrigento per la provinciale che conduce al lago Fanàco in territorio di Castronovo di Sicilia, dopo averlo costeggiato per un lungo tratto ed ancor prima di intraprendere la strada forestale che conduce su Pizzo Stagnataro, il visitatore non può fare a meno di accorgersi di un imponente caseggiato posto su di un solatio colle, conosciuto come Masseria di Melià.

In realtà, per molti storici, è quello che resta dell’ antico monastero “Basiliano” di S. Stefano di Mèlia, (Mèlia, abbreviazione di Monealias ed avrebbe lo stesso significato di Monotheos, cioè un solo Dio, risalente al periodo Bizantino.

La sensazione immediata è quella di trovarsi in luogo di meditazione, dove, è facilmente costatabile una forte presenza di Dio, che ha illuminato quei frati, nel V° secolo, a porre la prima pietra per la costruzione del loro cenobio. Il diffuso silenzio è interrotto dai campanacci delle vacche che a mucchio assaporano i lauti pascoli della Mèlia, e se non fosse per quel suono che non li rende immobili, sembrerebbero di legno. Il vento aleggia ed accarezza il viso trasportando tutto intorno l’odore di fieno e della prima erba primaverile. La vista è abbellita dalla possente distesa del lago Fanàco e della luminosa campagna verde, mentre i polmoni si riempiono di un’invitante aria che spinge alla meditazione e alla contemplazione. Sembra pure difficile poter parlare o esprimere un concetto, in quanto la vista del meraviglioso scenario, rende il tutto superfluo.

Il complesso monumentale si presenta compatto, di forma rettangolare con un significativo arco che immette di colpo all’interno di un grande baglio. La sua conformazione richiama le antiche fortificazioni rurali, anche se si distinguono da queste per la sproporzionata altezza. Esternamente la fabbrica si presenta abbastanza solida ad eccezione della parte nord-est, la quale in parte è distrutta.

All’interno, imponente, si erge la bellissima fontana ottagonale nella tradizione tipica di stile bizantina, messa in risalto da un basamento di analoga forma, che lo rende all’occhio più austero. Il baglio è ricoperto da un evidente ciottolato che mantiene ancora l’originario disegno. Nonostante l’incuria e l’abbandono il luogo si presenta del tutto singolare e la sovrabbondante desolazione non può fare dimenticare la storia passata, che, non il tempo, ma gli uomini, sono stati capaci di cancellare.

Dalla lettera (epistola XXX°) di Papa S. Gregorio Magno si hanno notizie di sette monasteri da lui fondati nel tratto di strada che collegava Palermo ad Agrigento, tra questi menziona S. Stefano di Mèlia, la cui importanza è ascrivibile per avere avuto alla sua dipendenza, i monasteri di s. Giorgio di Castronovo di Sicilia e di Caltabellotta, nonché, i feudi di Riena, Zafi, Leone, Flaca e Prizzi coi rispettivi castelli e casali.

Il posizionamento del monastero di Mèlia risponde a quelle logiche “d’utilitarismo monastico” che prevedevano la loro ubicazione: in luoghi ameni, la presenza di sorgenti d’acqua e lungo i percorsi che congiungevano i centri abitati.

Per lo storico Sermenghi, il monastero di Mèlia asserviva ad un luogo di aggregazione di diverse comunità che erano sparse nell’intera vallata. Ancora oggi, a testimonianza di ciò sono documentabili la presenza di ben nove necropoli.

Con la bolla del 13 dicembre del 1188, Papa Clemente diede alla chiesa di S. Stefano il carattere di parrocchialità, per il numero di abitanti alquanto consistente; ciò dimostra che attorno al monastero vivessero, anche se sparsi, per tutto il territorio di Mèlia diversi nuclei familiari. A dimostrazione di ciò, durante la guerra del Vespro, re Pietro invitava, lo stesso Casale, a mandare uomini e sostentamenti per la riuscita della sua causa.

Nello stesso monastero è vissuto S. Vitale col suo prediletto nipote e discepolo frate Elia e tanti altri monaci di specchiata santità.

Con certezza si può affermare che i primi e più efficaci evangelizzatori del popolo del circondario di Castronovo siano stati i monaci di Mèlia, i quali, oltre che per i santi apostoli, per s. Stefano protomartire, per s. Basilio, s. Giorgio, s. Sebastiano, s. Biagio, s. Nicola di Bari, s. Antonio abate avevano per ragione del loro rito una speciale venerazione per s. Pantaleone, non a caso, questo, è stato patrono di Prizzi.

Molte fonti storiche riferiscono che il monastero sia crollato intorno al 1492, in quanto, da tempo era in stato d’ abbandono, così come molti altri conventi della zona. La fine del monastero di S. Stefano di Melia va attribuita anche all’inizio dell’espansione del nuovo sito di Castronovo di Sicilia; infatti, con il trasferimento della popolazione dal colle S. Vitale verso l’attuale centro abitato, anche i contadini, che si trovavano nelle aree rurali, si trasferirono verso i centri più grossi e fortificati.

Il territorio di Mèlia è posto quasi al centro di una immensa concavità naturale frapposta a due lunghe catene di montagne che parallelamente si rincorrono, i cui declivi, oltre a modellare il territorio circostante, perimetrano la diga artificiale del Fanàco. L’ invaso artificiale realizzato dall’allora Ente Siciliano di Elettricità (E.S.E.) mediante lo sbarramento del fiume Platani, che sottende ad un bacino imbrifero di 46 Kmq. la cui capacità utile, allo stato originale era di circa 19 milioni di mc.

Il lago, che raccoglie le acque delle montagne Serra del Leone, Pizzo Stagnataro, Gemini e Pizzo Lupo, nel tempo ha modificato il microclima dell’area rendendolo più dolce e migliorandone anche il paesaggio. La massa d’acqua ha cambiato anche il tragitto di numerose specie di uccelli migratori determinando una tappa obbligata per questi volatili. Purtroppo, i margini della diga mancano di vegetazione lacustre, ciò limita la nidificazione di specie acquatiche, nonostante ciò vi è la presenza delle Pavoncelle, Gabbiani reali, Anatre, Aironi e Tuffetti.

La diga da origine anche al fiume Platani, dagli antichi chiamato Lico e dai greci Halycos, dai romani ribattezzato “Via del sale”, per le numerose miniere di salgemma presenti lungo . Il fiume (100 Km. circa), dopo avere attraversato gran parte della provincia d’Agrigento si tuffa nel Mediterraneo.

Gran parte degli storici antichi lo annoverano come “fiume navigabile”, ciò ha consentito nel tempo di colonizzare il territorio agrigentino fino alla sorgente. Nel tratto iniziale nidifica la Gallinella d’acqua, la Cannaiola, il Porciglione ed il Pendolino. Nelle alture che sovrastano il lago prospera una fitta vegetazione di Lecci, Pioppi, Salici, Pini, Cipressi e Frassini. Le Ginestre e le Euforbacee fanno da padrone nel rompere la “monotonia dell’immenso verde e dell’azzurro del lago”.

La presenza umana nella medesima contrada è riscontrabile fin dai tempi remoti. Sull’altopiano che sovrasta il monastero si riscontrano molti reperti mobili costituiti da pietre tombali e ceramica riconducibili al periodo sicano fino ad arrivare al periodo normanno.

Analoghi rinvenimenti si trovano in contrada Frattasa, Chianu da Battaglia, Balata e Conigliera. I contadini del luogo raccontano della presenza di numerose tombe rinvenute in quest’ area, successivamente distrutte, i cui resti sono ben visibili lungo la strada che costeggia la diga. Analoghi avanzi si riscontrano anche a Pizzu Lupu e Marinedda, nonché nella contrada Purtedda di l’Urmu.

Il nome Mèlia potrebbe farsi risalire a Mèliaceae dal nome del genere Mèlia, dal greco “frassino”, presente nell’area fino a qualche decennio addietro.

Non bisogna nemmeno trascurare la possibile derivazione greca del nome Mèlia attribuito a Melias o Melia ninfa dei frassini, ricordata nella mitologia, per una relazione avuta con il fiume Ianaco o Inico della Bitinia (Armenia) somigliante al nome Lico, antica denominazione del fiume Platani, dalla cui relazione nacque Foraneo.

Riguardo l’intitolazione del monastero a S. Stefano la si attribuisce ai religiosi greci. Infatti, la conoscenza ed il culto per il protomartire Stefano, la cui festa ricade il 26 dicembre, è stata introdotta in Sicilia dai primi cristiani nell’intento di evangelizzare il mondo occidentale.

Ad ogni buon fine, chiunque abbia voglia di trascorrere una giornata mistica, in un contesto di incontaminata bellezza naturalistica, il territorio di Mèlia è il luogo ideale; avrà anche modo di appezzare, oltre la storia, la cultura i favolosi formaggi e carni dei monti Sicani.

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