Arriva l’etichetta per il pesce italiano

Arriva l’etichetta per il pesce italiano venduto al dettaglio o servito al ristorante. A darne notizia è Coldiretti Impresa-Pesca, sulla base di una delle novità contenute nel decreto Sviluppo approvato dal Consiglio dei Ministri. Con la nuova normativa i soggetti che vendono al dettaglio o somministrano prodotti della pesca potranno utilizzare nelle etichette e in qualsiasi altra informazione fornita per iscritto al consumatore la dicitura “prodotto italiano”. Sarà ammessa anche ogni altra indicazione sull’origine italiana o sulla zona di cattura del pescato più precisa di quella oggi prevista dalle norme in vigore. Attualmente la legge sull’etichettatura prevede la sola indicazione della zona di pesca. Il pesce italiano, ad esempio, fa parte della cosiddetta “zona Fao 37”, che contraddistingue il prodotto del Mediterraneo.

“L’indicazione dell’origine per il pesce italiano è un provvedimento positivo ma non sufficiente ad assicurare al consumatore la possibilità di conoscere sempre l’origine di quanto porta in tavola o mangia al ristorante – sottolinea Tonino Giardini, responsabile nazionale del settore pesca di Coldiretti .  Solo rendendo obbligatoria l’etichettatura d’origine, e non facoltativa, potrà infatti essere garantita piena trasparenza rispetto a una situazione che vede oggi in Italia due piatti di pesce su tre provenienti dall’estero senza che nessuno lo sappia”.

Un problema che interessa soprattutto la ristorazione, dove spesso vengono spacciati per tricolori prodotti che arrivano in realtà dall’estero. Le vongole possono anche provenire dalla Turchia, mentre i gamberetti, che rappresentano quasi la metà del pesce importato in Italia, sono spesso targati Cina, Argentina o Vietnam, ma anche il pangasio dal fiume Mekong venduto come cernia, l’halibut atlantico al posto delle sogliole o lo squalo smeriglio venduto come pesce spada.

Da qui la richiesta di Coldiretti Impresa-Pesca di estendere l’obbligo dell’etichetta d’origine, già vigente per il prodotto che si acquista nelle pescherie o direttamente dagli imprenditori, anche ai menu della ristorazione. Il settore della pesca e dell’acquacoltura – secondo dati di Coldiretti Impresa Pesca – vede impegnate 13.300 imbarcazioni (circa 12 imprese), mentre la top-ten delle produzioni è guidata dalle acciughe (54.312 tonnellate), seguite da vongole, cozze, sardine, naselli, spigole, orate, gamberi bianchi, seppie, pannocchie, triglie, pesce spada e sugarelli.

Un attenzione particolare va messa anche alla tutela dei prodotti di allevamento di acqua dolce a partire dalle trote, di cui l’Italia e è paese leader in Europa per produzione e certificazione di filiera.  Un patrimonio economico, sociale ed ambientale che – conclude la Coldiretti – è oggi a rischio con il solo l’aumento del prezzo del gasolio, rincarato nell’ ultimo anno del 25 per cento, che sta costando alle imprese di pesca duemila euro in più, mentre si fa sempre più grave la stretta creditizia delle banche.

Redazione

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