Pachino: pomodorino camerunense nella patria dell’IGP

di Giuseppe Consiglio

Al bancone di un mercato all’ingrosso di Pachino, paese del pomodorino IGP, è più semplice trovare pomodoro datterino proveniente dal Camerun che pomodoro locale. Il paradosso prende forma: pomodori che hanno viaggiato per quasi 4mila chilometri venduti a 1 euro e 39 centesimi al kg, mentre i produttori siciliani del celebre pomodorino non riescono a piazzare il proprio prodotto a 40/45 centesimi al kg, scegliendo spesso di non raccoglierlo nemmeno. La vicenda diventa surreale se si pensa che la vendita del prodotto africano avviene nel momento stesso in cui quello siciliano rimane a marcire sulle piante, complice la saturazione del mercato ed il conseguente crollo dei prezzi.

Una vicenda che crea molti interrogativi e mortifica il lavoro dei produttori e dei trasformatori della Sicilia Sud-orientale.

Le cause di una simile situazione, sono in primo luogo da ricercare negli accordi di libero scambio che l’UE sigla con i Paesi Terzi. L’accordo tra Camerun ed UE sottoscritto nel 2016, prevede l’abbattimento delle tariffe doganali per specifiche categorie di beni da e per il Camerun e l’Unione Europea. Tra questi anche i prodotti agricoli: a fronte di un accordo che preveda la possibilità di esportare 1.760 prodotti europei in Camerun, il paese subsahariano ha acquisito il diritto di esportare i propri prodotti agricoli in Europa, facendo concorrenza ai produttori siciliani. Una lotta impari se combattuta solo sul fronte dei prezzi.

Una concorrenza che vince sui costi non può competere sul piano della qualità e delle proprietà organolettiche del prodotto siciliano che porta con sé anche una specifica dimensione sociale e valoriale, motivo di ricchezza per le comunità e i distretti produttivi siciliani.

Ciò che appare evidente, è che di fatto non esiste un sistema di tutale dei produttori che definisca l’entità delle importazioni o individui dei meccanismi atti a calmierare i costi di produzione. Eppure gli esempi in Europa non mancano: in Francia, specifiche disposizioni, definiscono delle quote di mercato riservate ai prodotti DOP e IGP. Accanto alla vendita diretta, che occorre necessariamente incentivare perché vera garanzia per il consumatore, è necessario prevedere strumenti di controllo più efficaci in grado di garantire la trasparenza in tutta la filiera.

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