Debutta il tavolo tecnico chiamato a superare l’attuale regolamentazione di fruizione dell’area sommitale e delle eruzioni dell’Etna. Protezione Civile contro tutti
Nessuno si attendeva rose e fiori. Ma nessuno avrebbe scommesso il proverbiale cent su un clima da guerra civile, puntando, piuttosto, un centone su un clima di cordiale ostilità. Il debutto del tavolo tecnico, o forse sarebbe meglio parlare di preliminari, chiamato a superare l’attuale regolamentazione di fruizione dell’area sommitale e delle eruzioni dell’Etna, non è stato di certo dei migliori. E vista la sua conclusione, il cammino verso la fruizione del vulcano Patrimonio dell’Umanità rispondente alle aspettative di appassionati, operatori, comunità locali e turisti, parafrasando il lessico di montagna, sarà tutto in salita.
Al Parco dell’Etna, a rispondere alla convocazione del Presidente Marisa Mazzaglia e iniziare il percorso che dovrebbe condurre ad un nuovo regolamento nella fruizione del vulcano, venerdì 2 ottobre delle parti in causa ce n’erano tante: c’era il Comitato Etnalibera, promotore dell’istanza che chiede l’apertura della vetta dell’Etna ad un libero escursionismo informato e consapevole; c’erano le guide alpine e vulcanologiche col Presidente Regionale Alfio Ponte, e i sindaci dei territori etnei che ricadono nell’area sommitale, tutti favorevoli alla caduta dei divieti per una fruizione ampia nella sicurezza; il deputato Luisa Albanella (uno dei promotori di una interrogazione parlamentare nazionale); in rappresentanza del Presidente della Regione Siciliana, Giuseppe Caudo, componente dello staff di Crocetta; il Presidente dell’INGV Stefano Gresta. Mancavano, per altri impegni, alcuni deputati, molti sindaci, i rappresentanti della Prefettura e, solo inizialmente, la Protezione Civile, giunta poi nel corso dei lavori.
E dire che l’inizio era stato incoraggiante con il preambolo di uno dei due portavoce del Comitato Etnalibera, Giuseppe Riggio, che ha illustrato con garbo il documento e le aspettative di chi ha promosso l’istanza e raccolto un migliaio di firme e importanti sottoscrizioni per riaprire la vetta e le eruzioni ad escursionisti e visitatori, superando l’attuale regolamentazione che impone il ricorso alle guide, per giungere ad una “fruizione libera e informata”. La Presidente del Parco, Marisa Mazzaglia, che ha fatto gli onori di casa, dopo aver letto il verbale della riunione della IV Commissione Ambiente e Territorio dell’Assemblea Regionale Siciliana, avvenuta ad inizio agosto, ha parlato di “sistema inceppato”, aggiungendo che è il momento di pervenire, “nella serenità, a una nuova fruizione”. Anche gli attori principali, le guide e i sindaci, con in testa il primo cittadino di Nicolosi, Nino Borzì, hanno criticato la chiusura sine die della vetta anche alle stesse guide – sulla carta le uniche a poter condurre i visitatori ai crateri sommitali – nonostante l’assenza per lungo tempo di fenomeni vulcanici, a causa di un sistema di Protezione Civile che non ha adeguato per mesi la criticità vulcanica alla reale attività dell’Etna. E poi l’intervento dei montanari, gentili e appassionati come Giambattista Condorelli, che ha brevemente riassunto il suo pensiero a favore della montagna libera.
Ma l’iniziale clima di concordia si è rotto nel momento dell’arrivo della Protezione, Civile, giunta con circa un’ora di ritardo, che ha schierato il Dirigente Generale del Dipartimento Regionale della Protezione Civile, Calogero Foti, e il Responsabile del Servizio Rischio Vulcanico Etneo, Nicola Alleruzzo. Da qui in poi gli animi hanno iniziato un costante, e deciso, surriscaldamento, che ha tranciato in due la riunione fra il prima, e il dopo, ma ha pure manifestato la nascita di due fronti contrapposti: da un lato chi chiede, seppur con distinguo, la riapertura della vetta superando le attuali norme; dall’altro la Protezione Civile Regionale, trincerata nel difendere lo status quo.
La Protezione Civile che, con il suo massimo dirigente, ha dato l’impressione di intendere l’occasione come un attacco alla propria attività, giocando l’intera partita sulla difensiva, non mancando di sfoderare la sciabola ogniqualvolta ha sentito minacciato il proprio ruolo. Ben poche le concessioni, lette fra le righe, di Foti che si è mostrato indisponibile ad ogni qualsivoglia modifica del documento di Protezione Civile del 2013 “Procedure di allertamento di rischio vulcanico e modalità di fruizione dell’area sommitale”, che detta le norme per la fruizione della vetta e delle escursioni, addirittura inorridito dal solo pensiero di una fruizione libera della montagna, così com’è, di contro, naturale per chi di montagna vive o ne è appassionato. Sordo, il dirigente, anche dinanzi alla constatazione di Giuseppe Riggio dei 500 morti sul Cervino dalla prima ascesa a oggi: “Nessuno si sognerebbe di chiuderlo”, ha sottolineato il portavoce di Etnalibera.
Le sole aperture di Foti riguardano il passaggio di competenze da Roma a Palermo sul rischio vulcanico sull’Etna (attualmente è la Protezione Civile Nazionale a decidere) ed una applicazione più puntuale del regolamento, come non è avvenuto dal 2013 ad oggi. Non una parola, da parte sua, su quel che è stato definito l’inceppamento, ovvero il mantenimento di una criticità moderata o elevata in assenza di attività, che ha impedito alle guide autorizzate di effettuare le escursioni in vetta.
Del ruolo svolto dall’INGV, evitando giudizi di merito sulla libera fruizione dell’Etna, ha parlato il Presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia Stefano Gresta.
Polemiche sulle parole del Responsabile del Servizio Rischio Vulcanico Etneo della Protezione Civile, Nicola Alleruzzo, che sul libero escursionismo ha parlato di “volontà di rambismo (dal personaggio cinematografico Rambo n.d.r.) di andare in montagna in totale deregulation”. Sergio Mangiameli, l’altro portavoce del Comitato Etnalibera, ha replicato: “Non intendiamo passare per quelli che vogliono un’assenza di regole. Le abbiamo scritte nel nostro documento, che evidentemente lei non lo ha nemmeno letto”.
Poi, fra il Sindaco di Nicolosi Nino Borzì e il Dirigente Regionale della Protezione Civile Calogero Foti, è venuta allo scoperto la ruggine che, evidentemente, preesisteva, su altri argomenti. Fra le urla e la perdita generalizzata dell’aplomb, il Presidente del Parco Marisa Mazzaglia ha manifestato l’intenzione di insediare il tavolo tecnico che dovrà provvedere a cambiare la regolamentazione oggetto della riunione, insieme ad altri punti all’odg: ripristino stradella in quota e revisione piani di protezione civile comunali.
Difficile riuscire a prevedere cosa accadrà da adesso in poi, anche per la polarizzazione delle posizioni. Di certo sono in ballo anche altre questioni, come la struttura di Nicolosi e il Piano di PC, ma l’impressione è quella che difficilmente la Protezione Civile Regionale darà un proprio contributo a superare il documento del 2013. Anzi, stando alle affermazioni di Foti e Alleruzzo, il Dipartimento quella normativa la vorrà salvare ad oltranza, a costo di schierare, picconi e badili in mano, l’intero corpo a sua difesa.
(3 ottobre 2015)