Dall’alluvione in Emilia Romagna, alla siccità, alle fitopatie, fino alla recente tempesta Ciaran, continua a salire il conto dei danni all’agricoltura causati dal cambiamento climatico, il cui impatto è aggravato da carenze infrastrutturali e inadeguata cura del territorio. Inoltre, sull’andamento dei prezzi e dei mercati pesa l’instabilità legata alle tensioni in Medio Oriente e al conflitto che prosegue in Ucraina. Le prospettive sono incerte. “Siamo come gli antichi naviganti costretti ad orientarsi con le stelle, ma la visione è ostacolata dalle nuvole”, ha ammonito nei giorni scorsi Jerome Powell, presidente della “Federal Reserve”, la Banca centrale degli Stati Uniti.

In effetti, gli indicatori statistici segnalano una situazione di complessa lettura. Secondo i dati di EUROSTAT, il Servizio statistico della Commissione europea, l’inflazione alimentare nella UE è in calo, ma resta elevata. Lo scorso settembre era ancora attestata oltre il 9%, circa quattro punti percentuali in più sul tasso generale.

Dal canto suo, l’indice della FAO, che monitora l’evoluzione dei prezzi internazionali dei principali prodotti agricoli, è diminuito ad ottobre di quasi l’11% rispetto allo stesso mese del 2022. In controtendenza, ma dopo nove mesi di continui ribassi, le quotazioni delle produzioni lattiero-casearie (oltre il 2% in più nel periodo considerato).

Per rappresentare l’effetto dei cambiamenti climatici sulla produzione agricola, può essere interessante fare riferimento ai dati relativi all’andamento dei prezzi dell’olio d’oliva, aumentati nel giro di un anno del 75%, arrivando a sfiorare i dieci euro a litro. A causa della siccità, la produzione in Spagna, primo produttore mondiale, è diminuita di circa la metà rispetto alla media quinquennale. Nel 2019, a fronte di scorte particolarmente abbondanti, i prezzi dell’olio spagnolo superavano di poco i due euro a litro e fu necessario un intervento finanziario della UE, al fine di evitare una pesante crisi del settore in termini sociali ed economici.

L’adattamento al nuovo contesto climatico richiede tempo e ingenti investimenti per le innovazioni tecnologiche. Nell’immediato, è auspicabile una rinnovata collaborazione tra tutte le parti della filiera agroalimentare per contrastare le difficoltà e le incertezze del ciclo economico. Secondo gli analisti della Banca centrale europea, solo nel 2025 l’inflazione tornerà in prossimità dell’obiettivo del 2%. I tassi d’interesse resteranno sostanzialmente invariati per un tempo prolungato, con effetti negativi sulla crescita economica.

In questa fase assolutamente straordinaria, l’obiettivo di fondo è la salvaguardia economica e produttiva del sistema agroalimentare italiano; condizione indispensabile anche per una maggiore presenza del “Made in Italy” sui mercati internazionali.

Redazione

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