Allevamenti: a terra o in batteria?

Allevamenti a terra o in batteria, bio o no: la disputa e’ aperta, soprattutto in vista delle nuove regole fissate dalla direttiva europea che entrera’ in vigore il 1 gennaio 2012. Secondo Luca Colombo, coordinatore della Firab, Federazione italiana per la ricerca in agricoltura biologica e biodinamica, “il benessere dell’animale non e’ un vezzo, ma ha valore in se’ e si riflette sulla qualita’ del prodotto destinato al commercio”.

Questo, in risposta allo studio pubblicato sulla rivista Poultry Science – “una rivista dell’industra di settore”, ci tiene a sottolineare Colombo – secondo il quale i valori nutrizionali (vitamine A ed E e colesterolo) delle uova di galline allevate in batteria o a terra non divergerebbero, con una blanda eccezione per il β-carotene. Secondo la Firab, pero’, le differenze tra allevamenti in batteria e biologici vanno ben oltre questo.

“E’ provato che un animale che vive in condizioni piu’ naturali e al quale viene garantito maggior benessere contrae meno malattie, garantisce un prodotto piu’ sano e meno trattato farmacologicamente – spiega Colombo – inoltre, diminuendo il carico di bestiame su un territorio si diminuisce anche l’impatto ambientale. E’ chiaro che un prodotto originato da animali allevati correttamente ha un prezzo diverso. La differenza, pero’, non e’ enorme e ci consente di avere un prodotto di qualita’ superiore, piu’ sano e nutriente”.

A questo si aggiunge lo studio dell’Universita’ del Maryland pubblicato su Environmental Health Perspective, che dimostra la rapida riduzione della resistenza ad antibiotici nell’avicoltura convertita al biologico. “L’insorgenza della resistenza e’ un problema considerevole che l’allevamento biologico potrebbe risolvere – spiega Colombo – inoltre, un corretto allevamento, secondo metodi piu’ naturali, fa si’ che il rischio di contrarre e diffondere patologie diminuisca, visto che gli animali non sono ammassati”.

Per questo studio, i ricercatori hanno messo a confronto dieci allevamenti convenzionali e dieci biologici, testando la presenza di batteri enterococchi nella lettiera, nel mangime e nell’acqua e la loro resistenza a 17 composti antimicrobici di uso comune. Tutti i campioni testati sono risultati positivi, ma i valori negli allevamenti bio sono stati significativamente inferiori rispetto al convenzionale.

La resistenza all’enteromicina e’ stata rinvenuta nel 67% dell’Entereococcus faecalis in pollame convenzionale e nel 18% in quello appena convertito a biologico; la pluri-resistenza (a minimo tre classi di antimicrobici) appare nel 42% dei campioni convenzionali contro il 10% nel bio nel caso di E. faecalis e nell’84% contro 17% per l’E. faecium. I ricercatori si attendono dati ancora piu’ divergenti con il prolungarsi dell’allevamento in condizioni biologiche che non prevedono il ricorso ad antibiotici.

Fonte: ADNKRONOS

Redazione

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