Il dialetto di Santa Domenica Vittoria (ME)

Santa Domenica Vittoria (Me) foto Pietro Bruno

Santa Domenica Vittoria (Me) foto Pietro BrunoIl processo storico e sociale del paese ha dato origine ad un dialetto che ha come base linguistica quella dell’area messinese, ma, allo stesso tempo, ad un dialetto parzialmente galloitalico.

Di derivazione galloitalica sono ad esempio: carcaràzza ‘gazza’, jìritu ‘dito’, ecc. Non è presente, invece, la dittongazione tipica del galloitalico: dienti ‘dente’, piettu ‘petto’ e neanche la forte nasalizzazione con scomparsa della n, anche se si può cogliere un affievolimento della nasale. Sicuramente al galloitalico vanno fatte risalire forme con -mm- < -M-. Esempi sono: tumma ‘toma’, pumma ‘mela’, ecc. Il costrutto a râ, a rê, a rô, cioè l’aggiunta di una preposizione articolata a una preposizione semplice, è, ancora, una caratteristica tipica del galloitalico: a râ nonna ‘alla nonna’ (lett. a alla nonna), e si ritrova, simile, nei dialetti di Nicosia, Sperlinga, Aidone, Pizza, San Fratello ecc.

Sono presenti molti grecismi: cullura ‘ciambella pasquale con uova’ e panòrgiu ‘trottola’, ecc. Anche la distinzione tra il nome del frutto, maschile, e quello della pianta (con -ara), femminile, trova riscontro nel greco. Esempi sono: pumma ‘mela’ ~ pumara ‘melo’, pira ‘pera’~ piraru ‘pero’, nucilla ‘nocciola ~ nucillara ‘nocciolo’, ecc. Invece, gli agrumi, non coltivati in loco, mantengono il tipo siciliano invariabile che non distingue il nome del frutto da quello della pianta: mannarinu ‘mandarino’ (la pianta e il frutto), limuni ‘limone’ (la pianta e il frutto).

È presente il mi subordinativo. Con esso vengono elaborate formule di tipo esortativo: mi trasi ‘entri pure’, oppure le volitive paratattiche: vogghju mi veni ‘voglio che venga’. Si usa anche nelle imprecazioni: mi ti rumpi u cullu ‘possa tu romperti il collo’. Si trova inoltre in frasi introdotte da senza: passài senza mi ti viju ‘son passato senza vederti’.

Singolare, nel dialetto di S. Domenica, è la forma – isolata – antru ‘altro’, con uno sviluppo anomalo di -LT-. Ora, poiché non ci sono motivi per attribuirlo alla Sicilia centrale, dove, com’è noto, -LT- evolve sistematicamente in -nt-, credo meglio attribuire il particolarissimo sviluppo a un residuo di italianità settentrionale.

  • Dal punto di vista fonetico si può rilevare:
  • Si è mantenuta la doppia l latina: illa ‘lei’, nullu ‘nessuno’, chillu ‘quello’ e non quelle più diffuse in Sicilia dd o ddr;
  • La dentale d e la liquida l intervocaliche sono passate a r (rotacismo): cura ‘coda’, suri ‘sole’ e nei monosillabi ri ‘di’, râ ‘della’;
  • Le gutturali ga, go, gu si pronunciano aspirate, con un suono di fricativa velare sonora: ghattu ‘gatto’, nigghuru ‘nero’ ecc;
  • Il gruppo consonantico latino fl qui ha prodotto un suono aspirato palatale schiacciato hiàtu ‘fiato’, hiòcca ‘chioccia’, hiùmi ‘fiume’, ecc;
  • La nasale velare nga, nghi, ngu si pronuncia schiacciata sulla parte interna del palato molle: ngasatatu ‘incastrato’, ecc.
  • A livello morfologico sono da notare i seguenti fenomeni:
  • Molto frequente è il vezzeggiativo in -ella: pignatella ‘pentolino’, paurella ‘poverina’;
  • È molto presente il diminutivo con valore affettivo reso con il suffisso -ittu (itta f. e -itti pl.): dducittu diminutivo di dduci ‘dolce’, finittu diminutivo di finu ‘sottile’, ecc. Assai particolare il diminutivo dell’avverbio cchjù ‘più’: cchjuittu ‘un po’ di più’.

 

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